"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

mercoledì 18 ottobre 2017

Zia Mame di Patrick Dennis

Immaginate di essere un ragazzino di undici anni nell'America degli anni Venti. Immaginate che vostro padre vi dica che, in caso di sua morte, vi capiterà la peggiore delle disgrazie possibili, essere affidati a una zia che non conoscete. Immaginate che vostro padre - quel ricco, freddo bacchettone poco dopo effettivamente muoia, nella sauna del suo club. Immaginate di venire spediti a New York, di suonare all'indirizzo che la vostra balia ha con sé, e di trovarvi di fronte una gran dama leggermente equivoca, e soprattutto giapponese. Ancora, immaginate che la gran dama vi dica "Ma Patrick, caro, sono tua zia Mame!", e di scoprire così che il vostro tutore è una donna che cambia scene e costumi della sua vita a seconda delle mode, che regolarmente anticipa. A quel punto avete solo due scelte, o fuggire in cerca di tutori più accettabili, o affidarvi al personaggio più eccentrico, vitale e indimenticabile che uno scrittore moderno abbia concepito, e attraversare insieme a lei l'America dei tre decenni successivi in un foxtrot ilare e turbinoso di feste, amori, avventure, colpi di fortuna, cadute in disgrazia che non dà respiro - o dà solo il tempo, alla fine di ogni capitolo, di saltare virtualmente al collo di zia Mame e ringraziarla per il divertimento. 

Siccome Norah mi ripeteva sempre che i bugiardi vanno all'inferno, mi feci coraggio e sputai il rospo: «Solo che eri una persona molto strana e che finire in mano tua era un castigo che non avrebbe augurato neppure a un cane ma che i derelitti non possono fare tanto gli schizzinosi ed io altri parenti non ne avevo.» Zia Mame prese fiato, con calma. Poi scandì: «Che bastardo.» Misi mano al taccuino. «La parola che hai appena sentito, tesoro, è bastardo» disse la zia con una vocina soave. «Si scrive bi-a-esse-ti-erre-di-o, e per la precisione significa "il tuo defunto genitore". Adesso vestiti e andiamo.»


G : Ho trovato divertente la scena della scuola. E' un po' esagerato. Zia Mame è un personaggio teatrale, sembra quasi un'attrice.

L.: Vi sono situazioni un po' paradossali. La zia è simpaticissima, svanita, ma sempre disponibile.  Quando si scontra con la famiglia di Gloria perchè se la prende con gli ebrei che vogliono acquistare il terreno confinante con il loro,  la zia li osteggia mostrando tutto il suo carattere di donna libera e molto intelligente. Zia Mame va incontro alle persone con ottimismo, gentilezza e ingenuità. Così si è comportata con la  ex fidanzata del marito nel ranch del medesimo. Le figure femminili in questo libro sono tutte molto forti, arrampicatrici, come le tre sorelle, opportuniste e calcolatrici. L'unica donna che si distingue sarà poi la futura sposa del nipote.
 
M.: il nipote è il personaggio più carino: non fa commenti, scrive sul quaderno le parole pronunciate dai grandi che non capisce poichè la zia, pur essendo così piccolo, lo porta a teatro e alle feste dei suoi amici. Essendo  il romanzo a episodi, ce ne sono alcuni molto divertenti.

M.: Quando Zia Mame è diventata povera non ha mai messo in conto di sposare un ricco. Infatti  si era messa a lavorare ma, svampita com'era, veniva subito licenziata. Per fortuna le è capitato di innamorarsi  di un uomo ricco e alla fine decide che è meglio sposarsi.

C.: Quando Zia Mame, con la crisi del '29, perde il suo patrimonio si da da fare per trovare un lavoro, non si abbatte più di tanto.  Se alcune persone la deludono non si perde d'animo. Per esempio nella vicenda con lo scrittore irlandese, suo futuro sposo,  incassa il colpo e non porta rancore nè a lui nè alla sua segretaria scappata con lui. E' strano che  il libro ripubblicato abbia avuto ancora un successo così grande. Deve essere letto con molta leggerezza poichè è un libro spiritoso e senza pretese. Zia Mame si lascia incantare dalla bellezza e dall'arte. In una delle  recensioni  che ho letto è stata paragonata al grande Gatsby.  Curioso è anche come viene trattato il tema dell'amore. La zia non è una educatrice modello ma grazie al suo amore si avvicina al nipote che, nonostante le stravaganze con cui è stato cresciuto, diventa un uomo maturo e sereno, proprio perchè è stato amato. Con il padre comunicava molto poco e la sua perdita non è stata un trauma per David ma, altresì, gli ha consentito di  uscire dalla solitudine affettiva e di iniziare una relazione con la zia.

G.: E' vero anche se l'educazione e l'istruzione del nipote è dovuta, per fortuna, anche al tutore che lo ha messo in collegio. Esilarante è l'episodio in cui il nipote scopre che al ballo di fine anno scolastico  il personaggio interessante della serata era proprio l'imbucata Zia Mame.

F.: non mi ha entusiasmato.

L.: non lo consiglierei. Non c'è sostanza e i personaggi sono molto costruiti.

giovedì 14 settembre 2017

Rosso come una sposa di Anilda Ibrahimi

 Trama: L'Albania del primo Novecento è un luogo misterioso, magico e caotico. Un luogo dove gli opposti convivono da sempre: cristianesimo e islam, tradizioni risalenti all'Impero bizantino come all'Impero ottomano. Ed è anche, e soprattutto, una società fortemente matriarcale, in cui per il potere che si acquisisce diventando suocere le donne passano la vita aspettando con gioia d'invecchiare.
Meliha è una figlia di questo mondo, una donna forte, capace di seguire i vivi e i morti con lo stesso trasporto: è lei il cuore della famiglia Buronja, all'inizio di questa storia.
Ma il vero perno della famiglia e del romanzo diventerà ben presto sua figlia Saba.
Appena quindicenne, Saba è costretta a sposare Omer, un uomo maturo che lei non ama, già vedovo di sua sorella e legato ai Buronja da un debito di sangue. Ma la aspettano ben altre prove, che Saba crescendo - e conquistandoci pagina dopo pagina - attraverserà con disperata energia: i tanti figli, la guerra, lo sterminio dei fratelli, fino alla transizione a una nuova e per lei più felice dimensione di vita: il comunismo. È attraverso le tante vicende che gravitano intorno a Saba e al suo mondo - dai piccoli infiniti rivoli di vita ai grandi rivolgimenti politici che entrano nella quotidianità più intima degli individui e si fanno storie - che il romanzo assume un tono epico indimenticabile, per forza e naturalezza.
Saba è uno di quei personaggi a cui ci si affeziona davvero, che balza dalla carta per farsi vivo, vicino e caro.
Sarà la giovane Dora, figlia della più recente modernità, a raccogliere - saltando una generazione: la generazione del silenzio incarnata da Klementina - l'eredità di nonna Saba, convertendo l'epica in racconto, trasmettendo e rigenerando, con la disinvoltura e la vitalità della gioventù, la memoria di quel mondo ancestrale che non le è mai appartenuto eppure è fino in fondo suo. Lei, sopravvissuta allo sradicamento, è l'erede: perché in una comunità dispersa attraverso la fuga si libera davvero qualcosa, forse la possibilità stessa del dire, in quello spazio muto tra memoria e creazione.

«Nonna Saba faceva il giro del quartiere per farsi leggere i fondi di caffè. Era come un'ecografia: lei prendeva il caffè, girava bene la tazza, metteva giù, ed ecco: più cresceva la pancia di mia madre più sporgeva il mio sesso dai fondi della tazzina.
Mamma portava la pancia e lei portava i fondi di caffè. Erano quasi pari, loro due».


G.B.: ho riconosciuto in questa scrittrice una grande capacità evocativa,  per la quale  si serve di un linguaggio simile a quello cinematografico. Nonostante sia una donna è stata in grado di fotografare benissimo le  immagini senza tropppi coinvolgimenti emotivi. La sua scrittura è fredda e tagliente, quasi volesse mantenersi a distanza. Le donne della famiglia partono ma poi tornano sempre.

L. F.: mi è piaciuto anche perchè è interessante conoscere questi paesi. Nessuno in Italia, prima che iniziassero gli sbarchi, si preoccupava di conoscere gli albanesi. Ho scoperto che è un popolo fiero, che ha sempre tenuto un comportamento dignitoso: anche sotto il regime comunista sono stati capaci di  adattarsiti senza farsene un cruccio. E' un popolo rassegnato che si adatta alle situazioni. Triste la condizione delle donne, che, come accadeva tanti anni fa da noi, sono una merce di scambio. La nascita di una femmina, non veniva presa in alcuna considerazione. Capitava che il nome venisse persino dimenticato dal padre: con l'arrivo di un maschio poi la figlia femmina veniva scordata definitivamente. Saba è la protagonista di questo romanzo: pur avendo l'aspetto di un uccellino, aveva un carattere molto forte. Il rapporto con le religioni è eccezionale, incredibile, bellissimo. Saba di appartenere ad una religione o ad un'altra non se ne faceva un problema; frequentava sia la chiesa ortodossa che la moschea.
La condizione di vita non cambiava, sia quando a comandare era la religione oppure il comunismo.

M. F.: lo stile della prima parte, quando c'è la storia della nonna Meliha, è un po' scarno, quasi da tragedia greca in cui il destino è già fissato. Il matrimonio è un fatto ineluttabile. Nella seconda parte c'è una trasformazione imposta dalla fine della IIa guerra mondiale e dalle vicende politiche. Le donne ora studiano, vanno in città, si emancipano. Nella narrazione, anche nella prima parte, sono le donne che risaltano e gli uomini fan la figura dei "gioppini".  Sono le donne che raccontano la storia e l' evoluzione di un popolo.

C. D.: la scrittrice ha voluto raccontare la storia delle donne della sua famiglia. A detta sua non avrebbe comunque scritto il romanzo in albanese poiché è una lingua troppo dura ed è stata felice di poter usare l'italiano. Ci sono molti personaggi e, per non perdersi, bisogna leggerlo tutto d'un fiato. Ed essendo coinvolgente questa modalità diviene naturale. Ci ripropone l'immagine di un popolo che tutto sommato è molto simile alla nostra cultura, in particolare com'era allora nel sud d'Italia.  In alcuni punti è molto poetico. Mi è piaciuto, così come a molti lettori della biblioteca.

O. G.: Quello di cui si narra era un paese isolato e a dimensioni familiari, in cui lo stato si contrappone spesso alla famiglia.

S. : l'ho trovato didattico, con poche emozioni. Mi ricorda la letteratura sud americana, che però nel narrare le vicissitudini delle donne è più coinvolgentee. Le condizioni in cui le donne versavano si conoscono da tempo: non c'è niente di nuovo e per questo a volte è un po' monotono.

P. B.: Anilda Ibrahimi non indugia mai nella descrizione delle passioni forti, rimane distaccata. Non mi è dispiaciuto, ho imparato qualcosa di più sull'Albania.

M.T.: mi aspettavo una storia nella storia. Non so molto più di quel che sapevo prima: si capisce che è un'opera prima. Ha raccontato la storia di personaggi della sua infanzia. L'ho trovata abbastanza episodica. E' una storia  un po' "slegata". 

M. R.: la passione di Omer era sbocciata con Sultana, non con Saba. Meliha, la nonna ha un carattere impagabile: nel risolvere il problema creato dal marito, è stata di una bravura  e di una capacità incredibili.

E. N.: non l'ho trovato molto avvincente. La scrittura è piuttosto fredda e non particolarmente descrittiva. Non sono mai  espressi giudizi: questi sono i fatti punto. Manca di verve. Per quel poco che conosco gli albanesi mi danno sempre l'impressione di avere un carattere duro.

G.M.: la scrittrice tende ad avere una scrittura veloce, come se fossero i fatti che devono scorrere a tutti i costi.

martedì 13 giugno 2017

La vita davanti a sè di Romain Gary

Ci siamo incontrati

Martedì 13 giugno 2017
 alle ore 20.30




 nella sede della biblioteca
e confrontati sulla lettura del libro

  La vita davanti a sé
di Romain Gary
NERI POZZA

Trama: Il pomeriggio del 3 dicembre del 1980, Romain Gary si recò da Charvet, in place Vendôme a Parigi, e acquistò una vestaglia di seta rossa. Aveva deciso di ammazzarsi con un colpo di pistola alla testa e, per delicatezza verso il prossimo, aveva pensato di indossare una vestaglia di quel colore perché il sangue non si notasse troppo.
Nella sua casa di rue du Bac sistemò tutto con cura, gli oggetti personali, la pistola, la vestaglia. Poi prese un biglietto e vi scrisse: «Nessun rapporto con Jean Seberg. I patiti dei cuori infranti sono pregati di rivolgersi altrove». L'anno prima Jean Seberg, la sua ex moglie, l'attrice americana, l'adolescente triste di Bonjour tristesse, era stata trovata nuda, sbronza e morta dentro una macchina. Aveva 40 anni. Si erano sposati nel 1962, 24 anni lei, il doppio lui.
Il colpo di pistola con cui Romain Gary si uccise la notte del 3 dicembre 1980 fece scalpore nella società letteraria parigina, ma non giunse completamente inaspettato. Eroe di guerra, diplomatico, viaggiatore, cineasta, tombeur de femmes , vincitore di un Goncourt, Gary era considerato un sopravvissuto, un romanziere a fine corsa, senza più nulla da dire. Pochi mesi dopo la sua morte, il colpo di scena. Con la pubblicazione postuma di Vie et mort d'Emile Ajar, si seppe che Emile Ajar, il romanziere più promettente degli anni Settanta, il vincitore, cinque anni prima, del Goncourt con La vita davanti a sé, l'inventore di un gergo da banlieu e da emigrazione, il cantore di quella Francia multietnica che cominciava a cambiare il volto di Parigi, altri non era che Romain Gary. A trent'anni di distanza dalla sua prima edizione, la Biblioteca Neri Pozza pubblica questo capolavoro della letteratura francese contemporanea. «Venti anni prima di Pennac e degli scrittori dell'immigrazione araba, ecco la storia di Momo, ragazzino arabo nella banlieu di Belleville, figlio di nessuno, accudito da una vecchia prostituta ebrea, Madame Rosa» (Stenio Solinas).
È la storia di un amore materno in un condominio della periferia francese dove non contano i legami di sangue e le tragedie della storia svaniscono davanti alla vita, al semplice desiderio e alla gioia di vivere. Un romanzo toccato dalla grazia, in cui l'esistenza è vista e raccontata con l'innocenza di un bambino, per il quale le puttane sono «gente che si difende con il proprio culo», e «gli incubi sogni quando invecchiano».

mercoledì 10 maggio 2017

Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov

  Ci siamo incontrati
MERCOLEDI' 10 maggio 2017
 alle ore 20.30

 nella sede della biblioteca
per confrontarci sulla lettura del libro

Il Maestro e Margherita
di Michail Bulgakov
Einaudi
Trama: Woland, incarnazione di Satana, capita nella Mosca degli anni '20. Con interventi magici sconvolge l'ambiente teatrale e letterario, smascherando soprusi e favoritismi. Aiuta soprattutto il Maestro, scrittore vittima della censura per un romanzo su Pilato (di cui vengono riportati nella narrazione alcuni capitoli, quelli relativi alla condanna a morte di Cristo). Rinchiuso in manicomio, come indesiderabile, viene liberato grazie all'intervento di Margherita, la donna da lui amata, che accetta di diventare strega e per una notte guidare il gran sabba di Satana.

venerdì 31 marzo 2017

Cronaca di un disamore di Ivan Cotroneo

  Ci siamo incontrati


MERCOLEDI' 5 aprile 2017
 alle ore 20.30

 nella sede della biblioteca
per confrontarci sulla lettura del libro

Cronaca di un disamore
di Ivan Cotroneo
Edizioni Bompiani


Trama: Luca e Maurizio sono stati insieme per quattro mesi. Quando comincia il romanzo, la loro separazione è già avvenuta e Luca, un giovane uomo di 35 anni, scrittore per la televisione, cerca di riprendere la sua vita normale. Ma il ricordo di quello che è stato e soprattutto il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere gli impediscono di ricominciare a vivere. Mentre si snodano faticosamente i giorni dell'abbandono, Marco percorre a ritroso le tappe della sua storia d'amore, la gioia dell'innamoramento, la terribile paura di lasciarsi andare, la lacerante separazione. Comincia così un pellegrinaggio in una città deserta e sorda a tutto, un percorso di elaborazione e rinascita, che si conclude là dove era cominciato, nel momento cristallizzato del primo incontro, in quel giorno dove tutto, anche la felicità, sembrava ancora possibile.

venerdì 17 febbraio 2017

Pastorale americana di Philip Roth

                                  Ci incontreremo 
anzichè MERCOLEDI' 1 MARZO,
 come stabilito in precedenza, 

 Mercoledì 8 Marzo 2017


 alle ore 20,30
 nella sede della biblioteca
per confrontarci sulla lettura del libro

Pastorale americana 
di Philip Roth 
Einaudi


Trama (da IBS): Seymour Levov è alto, biondo e atletico. Malgrado sia di origine ebraica al liceo lo chiamano "lo Svedese". Negli anni '50 sposa miss New Jersey, avviandosi ad una vita di lavoro nella fabbrica del padre. Nella sua splendida villa cresce Merry, la figlia cagionevole e balbuziente. Finché arriva il giorno in cui le contraddizioni del paese raggiungono la soglia del suo rifugio, devastandola. La guerra del Vietnam è al culmine. Merry sta terminando la scuola e ha l'obiettivo di "portare la guerra in casa". Letteralmente. 
 «Pastorale americana è un romanzo di quattrocento pagine che finisce con un punto interrogativo. Questo è ciò che lo rende grande». 
«The New Yorker»
«Il libro piú bello degli ultimi dieci anni della letteratura americana».
Alessandro Baricco 

martedì 31 gennaio 2017

Il giocatore invisibile di Giuseppe Pontiggia

Ci siamo incontrati

 Martedì 31 gennaio 2017
 alle ore 20,30
 nella sede della biblioteca
per confrontarci sulla lettura del libro
  Il giocatore invisibile 
 di Giuseppe Pontiggia
A. Mondadori


Trama: Dalle pagine di una rivista di filologia classica un anonimo attacca un professore all'apice della sua carriera. Il motivo occasionale è l'etimologia inesatta di una parola, ma le ragioni profonde di quell'attacco sono invidie, amori, rivalità, gelosie. Nella ricerca del nemico misterioso crolla la maschera di falsità, il castello di certezze culturali ed esistenziali del professore, sfidato in una partita impari con quel giocatore invisibile" che rappresenta il destino di ognuno di noi.