"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

mercoledì 10 dicembre 2008

Una banda di idioti di John Kennedy Toole

Trama: La "Banda" è ambientato nella città natale di Toole, New Orleans, e racconta la storia di Ignatius O'Reilly, un personaggio definito da Walker Parcy "senza alcun precedente nella storia della letteratura mondiale". Ignatius, grasso e indolente giovane uomo di talento, laureato in filosofia medievale, se la prende con tutto e con tutti. Accusa il mondo intero di buttare nella spazzatura una vita fatta di tv, musica inascoltabile e fesserie varie. Senonché trascorre lui stesso gran parte della giornata in questo modo. Si ritiene un genio, ma non riesce a produrre nulla di convincente, se non pasticci. La madre lo salva in svariate situazioni, finché un giorno viene arrestato in stato di ubriachezza, e lei cerca di ricoverarlo...

Citazione: "Quella che vedi sul pavimento è la mia visione del mondo, la devo ancora sistemare, quindi bada a dove metti i piedi"
"Quando la ruota della fortuna gira verso il basso, vattene al cinema e dimentica tutto il resto"

Il Confronto:
"Libro interessante. Descrive il comportamento di Ignatius, uno stravagante personaggio: intellettuale, ideologo, fannullone, parassita e paranoico che parla un linguaggio tutto suo, eccentrico e pericoloso, con un immenso senso di autostima e quindi incapace a relazionarsi con il resto del mondo. La madre iperprotettiva è stata la causa dei problemi del figlio".

"Passabile, se non altro ci vuole una bella fantasia a mettere insieme tutti questi idioti. Il protagonista però non è un idiota, è un pazzo intelligente che vive la vita con una sua logica, ha una grande considerazione di se stesso. Vi sono situazioni umoristiche che sfiorano l'assurdo, a tratti è divertente e a tratti diventa un po' pesante".

"Tutti i personaggi di questo libro, dal poliziotto alla padrona del locale "Notti di follia", alla ragazza con il pappagallo, alla signorina Trixie, sembrano scarti della società. Dal titolo pensavo ad un libro spiritoso invece è triste, tristissimo. La madre è un personaggio che fa tenerezza. Come in "Un fardello di grazia" la madre ha amato molto il figlio aiutandolo come poteva. Ella diventa però una persona debole, beve e non sa badare più nemmeno a se stessa e il figlio la disprezza."

"Molto cinematografico, come un film demenziale. E' stato scritto negli anni 60, ha una valenza provocatoria oggi come allora. E' il periodo della guerra in Vietnam. Ci sono molti tratti autobiografici: la madre dell'autore è stata severamente punita con la morte del figlio, che si è suicidato. Forse il messaggio che egli vuole dare è che le madri dovrebbero pensare un po' più a se stesse senza intervenire eccessivamente nelle scelte dei figli. E' interamente permeato dalla tristezza e dallo squallore, non è un libro umoristico come sembra."

"Quando ha finito la scuola non ha trovato lo sbocco giusto ai suoi studi. E' un intellettuale, è contro lo sfruttamento. L'unico suo gesto affettuoso è nei riguardi di Mirna quando alla fine del libro le accarezza la treccia"

"Madre e figlio hanno in comune il senso dell'opportunismo:" si salvi chi può".

lunedì 17 novembre 2008

Un fardello di grazia di Adalinda Gasparini

Trama: in questo romanzo, di forte ispirazione autobiografica, la protagonista racconta la storia della propria famiglia, divisa a metà tra la follia e la ragione. In particolare si sofferma sul legame che unisce Ida (la zia della protagonista) al figlio Antonio, un legame possessivo e amoroso insieme, che è causa o forse conseguenza del loro squilibrio mentale. Consapevole di quanta irrazionalità ci sia nel mondo ragionevole del babbo, la protagonista - attratta da entrambe queste figure del vivere, che nella propria casa sembrano coesistere pacificamente - si avvia a diventare depositaria delle loro storie, nel tentativo di trovare nel racconto una mediazione: è la genesi di quella psicoanalisi che eserciterà da adulta.

Citazioni: "Una famiglia senza storia è come un popolo senza miti "scompare"."
"La normalità non è che un caso particolare e fortunato della vita psichica, mentre il pensiero comune vuole considerarlo il solo esistente."
"Non so se qualcuno può essere così sfortunato da non specchiarsi nemmeno una volta negli occhi di un altro essere umano come giovinezza e speranza di vita, credo che sarebbe una sfortuna mortale, pietrificante come lo sguardo di Medusa".

Il Confronto:
"E' un libro notevole, più che da un punto di vista letterario, anche se per una saggista l'impresa è più che apprezzabile, per l'aspetto umano. E' un capolavoro di umanità. Tratta il tema della diversità, "il genio e l'antigenio" che abbiamo affrontato con quest'ultime letture, ne completa l'analisi e ne da una definizione splendida: "fardello di grazia". Abbiamo notato nel nostro percorso quanto la mancanza di doti particolari, o addirittura l'idiozia, e il suo opposto, l'eccesso di talento, costiutiscano una difficoltà nella vita, un fardello appunto, ma consentano d'altro canto un'apertura su altri mondi, altre possibilità di vita, altre sensibilità, che sono la grazia concessa a chi è diverso.
Non ho trovato la lettura difficile, come alcuni mi hanno manifestato. Alcuni concetti sembra non si comprendano del tutto, forse per l'uso ricorrente della metafora, che, pur chiedendo uno sforzo in più, aiuta però a capire meglio l'essenza, i molteplici messaggi.
Il ricorso continuo alla geometria ha un significato preciso, che è legato agli studi della scrittrice, che ha azzardato un interessante parallelismo tra questa scienza e la psicoanalisi. La geometria rappresenta le figure, i disegni che tracciamo con il nostro incedere nella vita, ed è un aspetto ricorrente anche nella malattia mentale. In essa i segni sono spesso poco comprensibili all'esterno e a volte ripetitivi, perchè è nella ritualità che si ritrovano le proprie certezze (Tatantonio compie moti circolari verso la madre che è il centro del suo mondo). La distinzione attuata è tra la geometria euclidea, razionale, con postulati condivisi e le geometrie non euclidee, che non si basano su certezze, lasciano più aperture, più possibilità di movimento e per questa ragione sono più vicine al mondo fantastico e misterioso dei folli. Altrettanto vicina è la toponomastica, che è gommosa, plasmabile, non rigida, non statica. Anche Mattis de "Gli uccelli", come Tatantonio, ricorre spesso a rituali, compie le sue geometrie e le ricerca nel mondo, ad esempio nelle traiettorie, tracciate dal volo della beccaccia."

"Il libro non è una una semplice biografia, è nato dalla necessità dell'autrice, di fissare la sua vita. Di comprendere da dove viene per sapere dove sta andando. La narrazione è un elemento molto importante. E' lo strumento per cercare le proprie radici, quelle della propria famiglia, ma costituisce anche una sorta di autonalisi. Il fenomeno si manifesta negli incontri operosi delle donne della famiglia, che nel loro raccontarsi storie "false che sembrano vere", nel loro alludere e nel loro esplicare, nel loro tessere una storia familiare, compiono una sorta di autonalisi collettiva. L'assistervi è per la nostra Adalinda una sorta di iniziazione al racconto, alla storia, al mondo femminile e all'analisi, anche se la sua mente è razionale come quella del padre e non sempre riesce a capire, e a dominare con la logica, il mistero."

"L'autrice traccia la storia della sua famiglia in maniera molto leggera, forse per amore, o forse per rispetto. Non so. Le donne della casa che raccontano (nonna, mamma, zia) sono sempre d'accordo e lei, bambina, ascolta con attenzione. Solo il padre è fuori dal coro. La persona più tenera è zia Ida dalla quale, da una storia con Gavino, nasce Antonio che, pur essendo pazzo, lei amerà molto, lo difenderà per tutta la vita.
Le situazioni difficili nel corso degli anni sono parecchie, ma questa famiglia le affronta con grande naturalezza: non un commento per la zia nubile con un figlio, nessun disagio trapela per i pazzi (anche il nonno lo era), tutto procede in quella casa con grande tranquillità.
L'autrice dice cose che fanno pensare, però non parla mai della malattia, che oltre all'interessato vivono anche le persone della famiglia. Avrà taciuto volutamente e sarà poi vero che seguire i malati di mente, averli in casa o in istituto può essere, come dice la Gasparini un "fardello di grazia"?
Gli episodi che mi hanno maggiormente colpita:
- quando Ida si reca al maniconio di San Salvi per far visita e portare le paste "al su figliolo", quelle di Robiglio, "le più bone di Firenze", che è un momento veramente poetico e toccante;
- la storia delle rane spellate che vogliono raggiungere l'acqua, dove credono di potersi ancora rigenerare e salvarsi dalla morte e che mi ha fatto pensare alla moltitudine di persone che ri reca a Lourdes, tutti per salvare il corpo: anche chi ha fede nell'aldilà prega per rimanere qui, su questa terra.
Ho trovato una stonatura nella narrazione quando la scrittrice parla del figlio: ho avuto l'impressione, io che sono piccola di statura, che considerasse un merito il fatto che il ragazzo avesse raggiunto un'altezza ragguardevole".

"L'ho definita una narrazione autobiografica che non mi ha coinvolto ma, ascoltando le vostre osservazioni, ritengo di averlo letto superficialmente e mi propongo di rileggerlo".

"Mi è piaciuto ma ha un limite, parla della famiglia e non di se stessa. Da una psicanalista mi sarei aspettato un'analisi più approfondita".

"Anche a me sembra sia mancato l'approfondimento, che abbia avuto paura di svelarsi, non entra nel vivo della malattia, ".

"Non ha voluto analizzare la malattia mentale da un punto di vista psichiatrico e clinico. E' un racconto non un saggio, pertanto non era necessario descrivere dettagliatamente la pazzia nelle sue manifestazioni, che peraltro si possono intuire. Ha voluto invece gettare luce sugli aspetti di solito non considerati: la ricchezza, la fantasia, la grazia che si accompagnano alla follia".

"Mi è piaciuto molto per questo aspetto narrativo, che richiama le storie raccontate dalle scrittrici sudamericane. L'autrice ha voluto parlarci di Antonio, della sua diversità, ma in particolare voleva tratteggiare l'immagine della mamma Ida".

"Ida rappresenta la maternità, in tutte le sue manifestazioni materiali e spirituali: incarna "i misteri gaudiosi e dolorosi della madre e del figlio che si amano di amore assoluto, folle divino". E' la vergine, l'immacolata concezione, poiché Ida ha concepito senza essere sverginata e Gavino il padre non ha avuto altro ruolo che questo. E' la "mater dolorosa" alla quale è toccato in sorte un figlio malato e per il quale lei è la "stella mattutina", la "turris eburnea", il "refugium peccatorum". E' l'amore di Ida, l'amore materno per eccellenza, cieco e incondizionato, che rende Tatantonio, non diverso, non uguale ad alcuno, ma bensì speciale e che fa dire all'autrice: "Kafka forse non lo sapeva di come può una mamma trovare bello uno scarafaggio se le si da il modo di considerarlo suo".

Libri citati: La Metamorfosi di Kafka, Gli Uccelli di Tarjes Vesaas

giovedì 6 novembre 2008

Gli uccelli di Tarjei Vesaas

Trama : in un piccolo paesino fra i boschi norvegesi, la giovane Hege vive sola con il fratello Mattis, lavorando duramente per mantenere entrambi. Mattis è l'idiota, così lo chiamano tutti; per la Bibbia, il povero di spirito. Dopo la morte dei genitori, ha sempre tentato di contribuire al bilancio familiare, ma il suo posto non è con le persone normali, con gli intelligenti, così li chiama lui. Non sa lavorare, non sa pensare, se non al ritmo sereno della sua piccola barca a remi. Il mondo rurale, pur con il suo amore concreto e semplice come la terra, prova per lui un affetto sincero, ma egli è pur sempre lo "scemo del villaggio". I normali ridono di loro due, soli e isolati come i due pioppi che si vedono in lontananza dalla loro casa, simbolo naturale dell'immobilità del pensiero e delle persone.

Citazione: "Loro pensano che io non capisca niente"
Il Confronto: Il protagonista, Mattis, è una persona con problemi che non è mai stata seguita in modo adeguato: è senz'altro fragile, carente di affetto. Vive in un mondo rurale, ma non riesce ad essere costante nel lavoro dei campi forse perchè non gli è congeniale. Nel corso del libro più di una volta dice:"loro pensano che io non capisca niente, ma io capisco". Nell'incontro con le "ragazze", al lago mentre si illude di svolgere il lavoro inventato e improvvisato da lui stesso di traghettatore, esse non pensano che sia stupido, altrimenti non salirebbero in barca. Le domande che rivolge loro non sono di una persona idiota e spera di essere visto in loro compagnia in modo che gli altri smettano, per questo, di dire che è uno scemo.
Quando Mattis si accorge che le beccacce hanno cambiato il loro volo per passare sopra la sua casa, egli si sente orgoglioso: parla con loro, ne decifra i messaggi, le aspetta ed è felice. Per me non è nè pazzo nè troppo stupido. E' un individuo che fa fatica a relazionarsi e a farsi comprendere: in un altro contesto, forse avrebbe potuto avere altre possibilità ed essere considerato quasi normale. Mi ha fatto pensare a "Le voci del mondo".

"Condivido: Mattis non da l'impressione di essere un idiota. Egli ispira tenerezza e simpatia. E' gravato dalla sofferenza di essere un diverso e compie sforzi sovrumani per far qualcosa che lo renda simile agli altri (ad esempio nel comportamento tenuto durante l'incontro con le ragazze). I dialoghi con la sorella spesso sono ermetici, non espressi totalmente. Il libro è ricco di pensieri, di monologhi interiori, che stimolano la riflessione. L'ho letto volentieri poichè mi sono sentita trasportare in un mondo poetico e sovranaturale. Bello anche il suo attaccamento alla natura, la descrizione del vento, degli uccelli, del lago. Esiste una contrapposizione tra il mondo dei diversi e il mondo di chi è normale: quello dei diversi è più simpatico".

"Ho impiegato un po' a leggerlo poichè è molto lento. Concordo che il protagonista sia un po' ritardato, uno sprovveduto forse ma non idiota. Mi ricorda certe persone di potere, in particolare un mio compagno di infanzia, che, pur essendo tutt'altro che intelligente, ha fatto carriera in politica ".
"La definizione idiota è legata anche a questa specifica traduzione. In un'altra il termine viene tradotto con perditempo."
"Mattis si sente in colpa nei confronti della sorella, è oppresso da questo senso di impotenza: sa di vivere in un guscio da cui non riesce ad uscire. I paesaggi sono raccontati, resi visibili. C'è tanta umanità, a differenza di tanti libri, anche di quelli letti in precedenza, non c'è violenza. Alla fine non ti rimane la bocca amara e qualcosa insegna".
"La lentezza mi ha aiutata ad entrare nel romanzo".

"L'autore ci fa conoscere il mondo di un diverso, di un idiota, di un povero di spirito, dello scemo del villaggio. Un mondo di cose semplici, di attimi, di segni, di ascolti, di sorrisi, di una parola, dove non c'è posto per i diversi, condannati all'infelicità, un mondo che i normali non riescono a cogliere perchè travolti dalla quotidianità. Mattis, con la sua sensibilità, percepisce da alcuni segni della natura che la realtà intorno a lui sta cambiando (il pioppo abbattuto dal temporale, il passo delle beccacce sulla sua casa ...).
Questo libro è stato scritto in età matura dall'autore, che è sicuramente un osservatore e un conoscitore della natura ("gli occhi di Hege sono strani, sempre sfuggenti come quelli degli uccelli. Hege è intelligente, è lei che mi mantiene, parola amara da masticare come la corteccia di un pioppo"). Se un idiota capisce che in questo mondo non c'è posto per i diversi, non è proprio un idiota."
"Mi è piaciuto molto anche lo stile, si sposa con il mondo che presenta. Lo scrittore ha voluto fornire il punto di vista dell'idiota, però sembra che nel suo farsi un'idea della realtà egli procedesse per tentativi. Infatti in persone con questo tipo di problemi l'estrema consapevolezza della propria diversità forse non c'è. Mi ha fatto comunque riflettere sul mio atteggiamento nei confronti di persone con handicap, che ora chiamiamo "diversamente abili". Una giusta definizione visto che Mattis ha delle abilità diverse da quelle comuni che se potesse esprimere, forse sarebbe felice. Invece nel villaggio è considerato normale chi riesce ad essere autosufficiente e lui non lo è.
Ho molta simpatia per la sorella, magari non aveva per lui l'attenzione che sarebbe stata necessaria, ma gli voleva bene, lo manteneva con il suo lavoro, sacrificando la sua giovinezza.
Quando la sorella si sta innamorando del taglialegna lui lo capisce dal comportamento strano di lei. In alcuni passaggi la scrittura è un pò ambigua, sembra quasi che Mattis sia innamorato della sorella e per questa ragione diventi geloso. Egli però sa cosa vuol dire essere innamorati: l'idea se l'era fatta osservando la coppia che lavorava nel campo, la cui forza, intelligenza e bellezza erano espressioni dell'amore stesso.
Non sono d'accordo invece con il ritenere che le ragazze straniere che Mattis ha trraghettato non abbiano capito la sua diversità: esse hanno avuto la sensibilità, che gli abitanti del villaggio non avevano, e si sono comportate come se fosse uno normale per non offenderlo".

"La sorella per me non ha vuto una grande attenzione educativa. Si preoccupava dei bisogni primari, della loro sussistenza, ma non è stata capace di stimolarlo intellettivamente."
"La vicenda di Mattis è fortemente impregnata di contenuti simbolici: per esempio il più significativo è stato il passaggio delle beccacce, lo ha fatto sentire importante. Forse se fossimo più attenti anche noi vedremmo dei segni nella nostra vita".
" I segni si vedono solo ad una certa età, i giovani non li possono vedere".
"Emerge costantemente il tema della morte, anch'esso legato al simbolismo. I due pioppi davanti a casa venivano chiamati dagli abitanti del villaggio con il suo nome e quello della sorella, Mattis e Hege, ma Mattis non riesce a scoprire chi è l'uno e chi è l'altro. Quando un fulmine ne abbatte uno dei due Mattis è spaventato, perchè per lui è senz'altro un segno premonitore della imminente morte di uno di loro, ma chi? Se si trattasse della sorella la tragedia sarebbe ancora più grave perchè verrebbe meno il suo sostentamento e non potrebbe comunque sopravvivere. Il libro si conclude però con il suicidio, almeno così appare, di Mattis, causato dal senso di abbandono in seguito alla relazione della sorella con il taglialegna. Poichè si sente escluso ed isolato, la sua condizione è il segno del destino, che voleva che fosse lui a morire. In realtà non v'è la certezza che Mattis desideri davvero farla finita perchè comunque, quando la barca affonda perchè lui forza il fondo marcio con il piede, non si abbandona all'acqua, ma si aggrappa ai remi".
"In extremis vede nei remi ancora una possibilità di salvezza, ma lascia che il destino decida della sua fine."
"Ci sono nel libro anche dei momenti di grande umorismo, talvolta inconsapevole e involontario. Ad esempio quando Mattis conta i capelli grigi della sorella, senza capire che sta offendendola."
"Non mi è piaciuto, l'ho trovato noioso per via della scrittura molto lenta. Anche i sudamericani hanno una scrittura molto lenta, ma è ritmica, quasi musicale e ha un senso: questo tipo di lentezza non c'è l' ha".

"Il ritmo per me è invece molto coerente sia con la personalità di Mattis, sia con il fluire dei suoi pensieri, sia con il suo mondo. E' lieve e poetico."

"Anch'io ho fatto fatica per via della lentezza, soprattutto nella prima parte. Mi sono piaciute le descrizioni della natura, degli alberi, del lago. Più che un idiota è un autistico, ha difficoltà di comunicazione e di comprensione, sembra che equivochi sempre quello che dicono gli altri, interpretandone i comportamenti in maniera esagerata. Il finale è improbabile: Mattis non può desiderare di suicidarsi perchè non è consapevole della sua condizione. Il suicidio semmai potrebbe essere visto come un gesto per punire gli altri che lo hanno abbandonato."

martedì 7 ottobre 2008

Le voci del mondo di Robert Schneider

Trama: "Questa è la storia del musicista Johannes Elias Alder, che all'età di 22 anni si tolse la vita, avendo deciso di non più dormire.
Nel villaggio alpino di Eschberg, abitato dalle due stirpi dei Lamparter e degli Alder, ebbe la sfortuna di nascere, nei primi dell'ottocento, Johannes Elias, un bambino dal prodigioso talento musicale, destinato però a non poter essere compreso e coltivato in una piccola comunità contadina, per poi spegnersi nell'indifferenza generale.
"Quanti uomini meravigliosi, filosofi, pensatori, poeti, pittori e musicisti il mondo avrà perduto solo perchè ad essi non fu concesso di imparare la propria arte?"

Citazione: "Chi ama non dorme."

Il confronto: "Emerge la figura del genio e il suo essere diverso rispetto al resto del mondo, anche fisicamente. Non ho ben capito questo libro. Il rapporto degli uomini con Dio è costante, ma è un Dio che non li aiuta. E' un libro che tratta di personaggi infelici, della durezza della vita, un libro molto triste. "

"Pur non appartenendo al genere di libri che mi piace, mi ha molto coinvolta e l'ho letto tutto d'un fiato. Forse perchè è scritto molto bene: in particolare quando narra dell'esibizione di J. E. Adler, nel concerto per il concorso per organista, al quale partecipa. La musica te la senti fremere nelle ossa, trattieni il fiato dall'emozione. Il protagonista sa usare delle note molto forti che raggiungono il cielo e ti riportano all'inferno, e ti fanno pensare a quale sublime sensazione deve provare il genio quando sfiora la perfezione.
La storia ti fa pensare anche a quanto crudele e beffarda sia la natura (o Dio), che distribuisce doni a chi non può farne uso, solo perchè nasce nel posto e nel momento sbagliato."

"L'ho letto velocemente e lo sto elaborando. E' uno stile epico simile a quello delle saghe, dove il protagonista è l'eroe e l'antagonista è Dio.
Il dono della musica è più simile ad un castigo. Non ci sono eventi fortunati, tutto sfocia in tragedia. Un libro piacevole, ma un po' insolito. "

"L'ho trovato divertente, mi è piaciuto molto. Si capisce che è stato scritto da un contemporaneo e che l'epoca in cui è ambientato non appartiene al periodo in cui vive lo scrittore. Si rifà a storie teutoniche dove c'era molta violenza."

"La violenza mi da fastidio. E questo è un libro molto violento su tutti i piani, nei rapporti interpersonali e famigliari, e mi ha angosciato. Neppure i barbari vivevano così. Infatti i longobardi, che erano considerati un popolo barbaro, erano uniti fra loro e avevano in grande considerazione la famiglia e un rispetto reciproco tale da renderli coesi e vincitori.
Questo libro ci porta in una realtà triste, ci mostra la violenza di Dio, la violenza degli uomini , che è il lato peggiore dell'essere umano.
Ascoltare gli interventi degli altri mi ha comunque fatto riflettere e attenuare il giudizio negativo. E' scritto molto bene, l'autore ha la capacità di farti partecipare al racconto.
La religione è vista in un modo violento.
L' umorismo c'è ma è tragico."

"Fa riflettere sulla genialità: da un lato essa apre a possibilità umanamente impensabili ma dall'altro rende difficile il vivere il quotidiano. Il protagonista non riesce ad avere una vita normale proprio a causa delle sue capacità musicali straordinarie e della sua sensibilità. Le persone geniali forse non riescono a fare le cose più semplici: Elias Adler, nonostante le pene e i tormenti, non riesce a dichiarare il suo amore ad Elsbeth."

"Non l'ho finito perchè è pesantuccio. Si legge bene ma sono gli argomenti che non mi entusiasmano: l'eroe romantico, l'onore, la morte. Non avevo voglia di affrontare questi temi.
Mi ha colpito la sua infelicità, più che la religiosità. Il protagonista è un incompreso: la sua vita è difficile poichè nessuno lo capisce."
"E' scritto bene, ma è triste. Evidenzia la crudeltà delle persone, i sentimenti negativi: la grettezza della madre che nasconde il proprio figlio perchè è diverso. L'autore è bravo nel descrivere le sensazioni che prova il protagonista."
"E' un romanzo di formazione al contrario, perchè in realtà il protagonista non fa un percorso di crescita ma invecchia istantaneamente.
Nel protagonista c'è una continua tensione verso la perfezione, e non solo musicale. Infatti egli ritiene che la vera ragione per cui Elsbeth non l'ha corrisposto è che lui non aveva amato abbastanza.
Il suo interlocutore è Dio, il responsabile della tragedia è sempre Dio, c'è la presenza maligna di una natura cattiva.
Gli uomini sono per natura maligni, subiscono la cattiveria e la sperimentano con le loro azioni. La genialità dello scrittore sta nel riuscire a coniugare momenti tragici con l'umorismo (vedi l'incendio della strega che diceva di parlare con i morti).
Tutti sono assolti dalle loro malefatte: li giustifica il vivere in cattività, in continua lotta per la sopravvivenza, nelle difficoltà quotidiane. Anche la religione, così cupa e negativa, non è un sollievo.
La vera condanna è la vita stessa che sono costretti a vivere.
Oltre la trasformazione del protagonista c'è anche quella finale di Peter, un individuo cinico e crudele, che si riscatta con l'amore. Ciò che trasforma Peter e lo muta nell'animo è l'amore per l'amico e la sua perdita lo riconcilia con tutti.
E' un libro che ti trascina, lo percepisci con i sensi e va oltre la semplice lettura, lo senti in pancia. E' scritto in modo musicale ed è stato una forte esperienza."
"E' un libro interessante e all'inizio molto fantasioso: vedi ad esempio la trasformazione di Elias sulla pietra, in mezzo al fiume, che è una vera e propria mutazione. Poi, nel proseguo, la narrazione diventa la storia cupa di un villaggio.
I personaggi sono ben descritti e comprensibili. Elias è un essere fuori da ogni norma, sia per l'aspetto fisico sia per il pensiero. Il personaggio si fa seguire con molta curiosità: l'amore per Elsabeth, l'amicizia con Peter, il suo aspetto fisico, gli occhi gialli e la sua maturità precoce.
Ben descritto il suo rapporto con Dio. Mi è piaciuto quando dice che Dio non da più dolore di quanto non se ne possa sopportare.
L'ho letto con molto piacere."
"Le voci del mondo" e "Profumo", sono due libri abbastanza paralleli. Nel primo però, c'è più misura nella narrazione e nella descrizione delle scene violente.
La religione è quella contadina in cui il sacro e il profano sono mescolati. E' una religione cupa, che non da speranza. E' la religione della paura, durata secoli."
"L'autore mette in evidenza questo aspetto della vita: fatti o parole che sembrano banali a chi li trasmette, possono avere un forte impatto in chi li riceve, al punto di segnarne l'esistenza. Mi riferisco per esempio alla frase pronunciata dal viandante:" Chi ama non dorme", che ha avuto su Elias effetti fatali."
Libri citati: "Il profumo" di Patrick Suskind

martedì 3 giugno 2008

Ergo Sum - Basilius, principe di santa croce di Aldo Trapuzzano

L'autore: Aldo Trapuzzano è nato a San Lucido (CS) il 20 luglio del 1955. Ha vissuto dal 1971 al 1981 a Genova dove ha conseguito il diploma di perito chimico. Attualmente vive a Castel Mella (BS) e lavora presso l’Azienda Sanitaria Locale di Brescia.
Trama: Siamo nel dodicesimo secolo, dopo la dissoluzione dell’impero romano, quando l’Europa è divisa fra tre poteri dominanti: la Francia, la Germania e i regni normanni. Il libro racconta le peripezie di Basilius, conte di Perugia e principe di Santa Croce. Fin da piccolo affronta viaggi molto lunghi, faticosi e poco sicuri per l’epoca, ma soprattutto a Niceta, in Calabria, incontra quella che diventerà il suo punto di riferimento per tutta la vita: za Cuncetta. L’anziana donna gli insegna a curare i malati meglio dei medici attraverso particolari metodi ed erbe medicamentose. Basilius è un uomo coraggioso e forte, al servizio del papa e dei bisognosi, che intende combattere per la pace, proprio come aveva fatto prima di lui suo padre, tanto amato dal popolo perugino. Aldo Trapuzzano, con una prosa semplice e diretta, parla del Medioevo, dei suoi lati oscuri, delle crociate e dell’ambiente ecclesiastico, ma getta una luce anche sugli animi più umili – primo fra tutti, san Francesco d’Assisi – che hanno fatto la storia tanto quanto i celebri personaggi, o forse di più.

Il confronto con l'autore:

D.: Il protagonista Basilius è l'incarnazione di alcuni valori quali la famiglia e l'amore.
R.: Nei miei libri ho sempre evitato tutto ciò che ha a che fare con la violenza. Inoltre a me piacciono molto i libri storici, riescono a coinvolgermi e ad indurmi a fare approfondimenti.
Spesso trovo la narrativa contemporanea sterile.


Trama: Depressione e narrativa. La storia di una persona semplice che suo malgrado deve affrontare una malattia subdola, maledettamente presente: la depressione, nella sua veste più cattiva. Una malattia che lo accompagna dall'età di otto anni con l'intenzione di annientarlo, giorno per giorno. Una lotta quotidiana, una lotta per la vita. Le difficoltà di tutti i giorni e poi la partecipazione a tutto ...

Il confronto con l'autore:

D.: Perchè non hai descritto la depressione e i suoi effetti in maniera approfondita ?
R.: Mi sono mostrato come una persona debole, pensavo che andare oltre fosse rischioso, alcune cose ho preferito tacerle.
D.: Secondo me avresti dovuto fare uno sforzo in più perchè questo è il dovere di uno scrittore.
R.: Era il mio primo libro, nel prossimo "Coscienza" lo farò. La malattia non mi ha consentito di andare in profondità, avrei rischiato di perdermi.


D.: Il comportamento del protagonista spesso non da l'impressione che si tratti di una persona malata o debole.
R.: Non so se è stata la malattia a rendermi buono o se lo sono di carattere.
D.: Come è possibile che una persona così problematica, riesca comunque ad aiutare gli altri? Se non fossi stato malato, chissà cosa avresti potuto dare. Sicuramente sei stato seguito molto sin da bambino e non ti è mancato l'appoggio e l'amore della famiglia.
R.: Questo è vero, sia per quanto riguarda la mia infanzia che per il presente. Infatti ho la fortuna di avere una moglie ed un figlio che mi accettano per come sono. In un anno almeno 90 giorni li passo a letto, senza forze, e le medicine non mi sono di grande aiuto. Quando sono a letto faccio fatica a risalire. Nella depressione l'autodistruzione è sempre presente. Il depresso non vede il futuro, non fa sogni, per lui il domani è peggio dell'oggi.
D.: Il libro sembra suddiviso in due parti: nel momento in cui il protagonista rivela la sua nobiltà è come se la narrazione cambiasse registro e approdasse a un tempo attuale il cui fatto saliente potrebbe essere la morte di Giovanni Paolo II. Si nomina invece Celestino VI che sembra essere un papa di altri tempi.
R.: La scelta del papa Celestino VI è di pura invenzione. Non è mai esistito ma aderisce bene alla storia e ha una grande vocazione umanitaria che lo accomuna a papa Giovanni Paolo II.
D.: Mi è piaciuta la prima parte quando parli della tua famiglia, avrei preferito anch'io che approfondissi il tema della depressione.
R.: Visto che hai suscitato in noi interesse sul tema della depressione, attendiamo tutti di poter leggere il tuo prossimo libro "Coscienza".

martedì 13 maggio 2008

E' oriente di Paolo Rumiz

Trama: dalle Alpi Svizzere al Salento, da Vienna al Mar Nero, dalla crosta delle montagne alle pianure incise dal serpente del Danubio, un lungo viaggio, anzi, una serie di viaggi, per imparare a guardare e a sentire la spalla orientale dell'Europa. Il libro raccoglie scritti editi e inediti del reporter italiano, in cui convivono gusto per il viaggio e per l'andare (attraversando paesaggi, incontrando uomini, sondando umori), la fascinazione del racconto e della parola.

Citazione: "Difficile diventare adulti se non si fa un viaggio da soli"

Il Confronto:
"E' scritto bene, ma non ha voluto entrare nella storia che racconta. I personaggi che incontra vengono solo descritti, ma non carpiti. Non aggiunge null'altro all'immagine visiva che tratteggia . I contenuti sono molto scarsi. Il modo di scrivere è giornalistico. "
"Da per scontato che tutti conoscano la storia dei paesi che attraversa. Io amo molto Ryszard Kapuscinski, che pur essendo un giornalista, ti da la possibilità di apprendere dai suoli libri. "L'atteggiamento di Rumiz è un pò nostalgico, un pò da intellettuale di sinistra."
"Guarda più che altro con nostalgia alla MittelEuropa e non al comunismo."
"Non mi piace molto l'uso della metafora."
"Argomento interessante, begli spunti, ma il modo giornalistico non mi appassiona, non è un libro di narrativa."
"Descrizioni molto belle e interessanti. Non è coinvolgente perchè non è un narratore ma un giornalista."
"E' una via di mezzo fra il romanzo e l'articolo giornalistico."
"Il punto di forza è che da il senso del viaggio: la narrazione è il viaggio stesso, come vedere un paesaggio senza conoscerlo approfonditamente."

martedì 22 aprile 2008

Notturno indiano di Antonio Tabucchi

Trama: si tratta di un resoconto di viaggio, narrato in prima persona.
Il Narratore percorre l'India alla ricerca del suo amico Xavier.
Attraverso varie tappe, si sviluppano gli incontri più disparati: a Bombay, con la prostituta Vimala Sar, con il medico dell'ospedale e con un devoto Jainista in attesa del treno; a Madras, con una certa Margaret e con il direttore della Theosophical Society; sulla strada per Mangalore, con un mostruoso Arhant e suo fratello; a Goa con il fantasma del vicerè delle Indie, con padre Pimentel, con il postino Tommy, con degli impiegati d'albergo ed infine, con la fotografa Christine.

Citazione: "Chi ha voluto cercare non vuol più trovare". "Chi ha voluto essere cercato, non vuol più farsi trovare".

Il Confronto:
"E' la ricerca di se stesso."
"E' un po' intellettualistico. L'India fa da scenario: il vero viaggio è quello del protagonista all'interno di se stesso. Il libro e' ben rappresentato dalla metafora della fotografia, che compare nelle ultime pagine: il senso è che non bisogna guardare la cosa in se, ciò che viene immortalato dall'obiettivo fotografico, ma il tutto, ciò che va oltre, che la fotografia proprio perchè istantanea non coglie."
"Il protagonista alla fine si è trovato, ma non si è piaciuto."
"E' scritto molto bene, ma non si sa chi siano i personaggi perchè non approfondisce nulla."
"Scritto benissimo. L'autore però pensa che chi lo legge capisca subito, ma così non è. E costringe il lettore a dare proprie interpretazioni. E' intellettualistico e un pò presuntuoso. E' vero che è la ricerca di se stesso, ma non si impegna molto in questo intento. La ricerca non necessariamente deve indurre la persona ad andare altrove, lo può fare anche dov'è. "
"Scritto bene, ma un po' superficiale. Molto meglio "Siddharta di Hermann Hesse."
"Non ha la stessa pretesa: Siddharta è un viaggio spirituale".
"E' un libro godibile, non lo trovo intellettualistico. L'autore volutamente non approfondisce, perchè intende dare degli assaggi, anche della stessa India. Alla fine il protagonista si ritrova, proprio perchè si vede nell'altro, nel suo doppio, e si piace."
"Letto con piacere e curiosità. Il luogo della ricerca è volutamente l'India, paese contraddittorio, che ricalca le contraddizioni stesse del protagonista. Alla fine il mistero che ripercorre tutto il romanzo, la ricerca dell'amico, si dipana: egli capisce qualcosa di se stesso. La ricerca probabilmente è scaturita da un momento di crisi."
"C'è un po' di tutto. E' bello perchè è tratteggiato."
"Il senso profondo del libro è che tutto è plurale, tutto è doppio. La storia di quest'uomo è l'essenza, il tutto, ciò che l' istante immortalato non coglie."
Film: Notturno Indiano (Nocturne Indien) Cast Clementine Celarie', Otto Tausig, T.p. Jain, Ratna Bhooshan, Dipti Dave, Vijay Kashyap, Tinku Parma, Radha Bai Regia Alain Corneau Sceneggiatura Alain Corneau, Louis Gardel Data di uscita 1989 Genere Drammatico
Libri citati: Siddharta di Hermann Hesse - Edizioni Adelphi

martedì 8 aprile 2008

Sulla strada di Jack Kerouac















Trama: On the road è la storia di un viaggio ma, in realtà, è la storia di un incontro con una persona molto affascinante: Dean M.
I personaggi del libro sono realmente esistiti, Dean si chiamava Neil Cassady, una specie di talento che non si espresse in niente, poteva diventare un bravo poeta però era essenzialmente un maestro dell'arte della vita, un grande conquistatore di donne che assomiglia un po' a James Dean.
E' una persona che irrompe nel piccolo ambiente di New York legato alla Columbia University dove fa amicizia con giovanissimi e ancora sconosciuti scrittori: J. Kerouac, A. Ginsberg e W. Burroughs.
Sal (Kerouac) il protagonista, vive ancora con la zia nel New Jersey e viene contagiato dalla voglia di Dean di mettersi sulla strada verso l'Ovest e lo raggiunge a Denver.
Il romanzo si svolge negli anni cinquanta e narra di questo gruppo di amici inquieti, che credono nella vita ma respingono i sistemi morali e sociali precostituiti e vogliono scoprirne da soli dei nuovi.
Sono ragazzi privi di interessi politici, attività sociali, amorali, irresponsabili e criminali che hanno tutti avuto esperienze dolorose nella loro infanzia.
Della droga e dell'alcool si servono nell'illusione di poter trovare, attraverso un'esaltazione momentanea, "il perchè di tutte le cose".
A fatica si riesce ad immaginare il senso e la direzione di questo viaggio, il pendolo è fra l'Est e l'Ovest degli USA, da New York a San Francisco e viceversa, con un senso artistico per la geometria e la geografia.
Vivono come vagabondi, si ubriacano, passano da una macchina all'altra, sfogano la loro energia, la loro rabbia, la loro avidità di vita schiacciando l'acceleratore e sfidando la morte imbottiti di benzedrina.
"Tutti eravamo felici, stavamo abbandonando dietro di noi la confusione e le sciocchezze, compiendo la nostra unica, nobile funzione del tempo "ANDARE"
Andare dove? Perchè? Non si sa.
Filtra una certa inutilità, un'idea astratta di viaggio.
Questa corsa affannosa sembra una fuga dalla realtà ma, forse, ne è la ricerca.
E' il movimento letterario della beat generation.

http://www.railibro.rai.it/interviste.asp?id=222

Citazioni: "Dobbiamo andare e non fermarci finchè non siamo arrivati."
"Dove andiamo?"
"Non lo so, ma dobbiamo andare"
Il Confronto:
" Mi è piaciuto molto"
"Modo di scrivere molto musicale"
"Mi ha aiutato a capire i giovani"
"La ricerca è importante"
"Ho subito il fascino della trasgressione"
"Originalità di un movimento che non si rifà a nessun mito e a nessuna moda.
"Non mi è piaciuto, il libro è un motivo di disagio, troppi personaggi."
"Contestatori che si ribellano, non accettano i sistemi morali e sociali, ma non ne propongono altri in alternativa"
Film: Diari della motocicletta Regia di di Walter Salles , anno 2004, con Gael García Bernal, Rodrigo de la Serna, Mía Maestro, Susana Lanteri. Prodotto in Germania, Gran Bretagna, USA. Durata: 126 minuti.
Libri citati: Latino-americana di Ernesto Che Guevara (editore Feltrinelli)
Lo zaen e l'arte della manutenzione della bicicletta di Robert M. Pirsig (editore Adelphi)

martedì 18 marzo 2008

Il viaggiatore incantato di Nikolaj Leskov

Trama: Su un battello che naviga sul lago Ladoga, il "Viaggiatore incantato" dalla "gradevole e manierata voce di basso" racconta le peripezie della sua esistenza: avventure mai cercate, che sembrano precipitare su di lui come eventi della natura. E presto ci accorgiamo che potremmo ascoltare senza fine le storie di quest'uomo che "aveva molto veduto" e non pretendeva di sapere. Storie dove entrano ed escono di scena vagabondi e prostitute, padroni e mercanti, principi e cavalieri nomadi, e la zingara Grusa, simile a "una serpe lucente". Storie che assomigliano ad un pulviscolo vorticoso.

Citazione:"Tu dovrai molto perire e mai perirai" uomo dalle molte vite e dalle molte morti.



Il confronto: discussione vivace con pareri contrastanti.

Da alcuni è stato definito un libro buio, senza colore, tradotto male, poco concreto.
Il viaggiatore per alcuni è  un uomo sprovveduto, troppo semplice, incosciente, che agisce senza paura.
La narrazione è infarcita di una brutalità gratuita che va di moda nella letteratura russa ed anche in quella italiana attuale.
Da altri il libro è risultato scorrevole e godibile. Bello il modo di raccontare la sua vita, così disincantato e così ingenuo. Il protagonista è un uomo interessante, buono ed onesto, tenace, generoso ed orgoglioso, che ha vissuto con estrema semplicità la sua vita trascorsa nella sua immensa terra russa.
Incantevole il mondo colorito vissuto dal viaggiatore che percorre la sua vita vinto ed avvinto dagli incantamenti delle esperienze avverse, dalle quali sempre si libera e riprende il suo cammino.

Libri citati: L'idiota di Fedor Dostoevskij