"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

lunedì 17 novembre 2008

Un fardello di grazia di Adalinda Gasparini

Trama: in questo romanzo, di forte ispirazione autobiografica, la protagonista racconta la storia della propria famiglia, divisa a metà tra la follia e la ragione. In particolare si sofferma sul legame che unisce Ida (la zia della protagonista) al figlio Antonio, un legame possessivo e amoroso insieme, che è causa o forse conseguenza del loro squilibrio mentale. Consapevole di quanta irrazionalità ci sia nel mondo ragionevole del babbo, la protagonista - attratta da entrambe queste figure del vivere, che nella propria casa sembrano coesistere pacificamente - si avvia a diventare depositaria delle loro storie, nel tentativo di trovare nel racconto una mediazione: è la genesi di quella psicoanalisi che eserciterà da adulta.

Citazioni: "Una famiglia senza storia è come un popolo senza miti "scompare"."
"La normalità non è che un caso particolare e fortunato della vita psichica, mentre il pensiero comune vuole considerarlo il solo esistente."
"Non so se qualcuno può essere così sfortunato da non specchiarsi nemmeno una volta negli occhi di un altro essere umano come giovinezza e speranza di vita, credo che sarebbe una sfortuna mortale, pietrificante come lo sguardo di Medusa".

Il Confronto:
"E' un libro notevole, più che da un punto di vista letterario, anche se per una saggista l'impresa è più che apprezzabile, per l'aspetto umano. E' un capolavoro di umanità. Tratta il tema della diversità, "il genio e l'antigenio" che abbiamo affrontato con quest'ultime letture, ne completa l'analisi e ne da una definizione splendida: "fardello di grazia". Abbiamo notato nel nostro percorso quanto la mancanza di doti particolari, o addirittura l'idiozia, e il suo opposto, l'eccesso di talento, costiutiscano una difficoltà nella vita, un fardello appunto, ma consentano d'altro canto un'apertura su altri mondi, altre possibilità di vita, altre sensibilità, che sono la grazia concessa a chi è diverso.
Non ho trovato la lettura difficile, come alcuni mi hanno manifestato. Alcuni concetti sembra non si comprendano del tutto, forse per l'uso ricorrente della metafora, che, pur chiedendo uno sforzo in più, aiuta però a capire meglio l'essenza, i molteplici messaggi.
Il ricorso continuo alla geometria ha un significato preciso, che è legato agli studi della scrittrice, che ha azzardato un interessante parallelismo tra questa scienza e la psicoanalisi. La geometria rappresenta le figure, i disegni che tracciamo con il nostro incedere nella vita, ed è un aspetto ricorrente anche nella malattia mentale. In essa i segni sono spesso poco comprensibili all'esterno e a volte ripetitivi, perchè è nella ritualità che si ritrovano le proprie certezze (Tatantonio compie moti circolari verso la madre che è il centro del suo mondo). La distinzione attuata è tra la geometria euclidea, razionale, con postulati condivisi e le geometrie non euclidee, che non si basano su certezze, lasciano più aperture, più possibilità di movimento e per questa ragione sono più vicine al mondo fantastico e misterioso dei folli. Altrettanto vicina è la toponomastica, che è gommosa, plasmabile, non rigida, non statica. Anche Mattis de "Gli uccelli", come Tatantonio, ricorre spesso a rituali, compie le sue geometrie e le ricerca nel mondo, ad esempio nelle traiettorie, tracciate dal volo della beccaccia."

"Il libro non è una una semplice biografia, è nato dalla necessità dell'autrice, di fissare la sua vita. Di comprendere da dove viene per sapere dove sta andando. La narrazione è un elemento molto importante. E' lo strumento per cercare le proprie radici, quelle della propria famiglia, ma costituisce anche una sorta di autonalisi. Il fenomeno si manifesta negli incontri operosi delle donne della famiglia, che nel loro raccontarsi storie "false che sembrano vere", nel loro alludere e nel loro esplicare, nel loro tessere una storia familiare, compiono una sorta di autonalisi collettiva. L'assistervi è per la nostra Adalinda una sorta di iniziazione al racconto, alla storia, al mondo femminile e all'analisi, anche se la sua mente è razionale come quella del padre e non sempre riesce a capire, e a dominare con la logica, il mistero."

"L'autrice traccia la storia della sua famiglia in maniera molto leggera, forse per amore, o forse per rispetto. Non so. Le donne della casa che raccontano (nonna, mamma, zia) sono sempre d'accordo e lei, bambina, ascolta con attenzione. Solo il padre è fuori dal coro. La persona più tenera è zia Ida dalla quale, da una storia con Gavino, nasce Antonio che, pur essendo pazzo, lei amerà molto, lo difenderà per tutta la vita.
Le situazioni difficili nel corso degli anni sono parecchie, ma questa famiglia le affronta con grande naturalezza: non un commento per la zia nubile con un figlio, nessun disagio trapela per i pazzi (anche il nonno lo era), tutto procede in quella casa con grande tranquillità.
L'autrice dice cose che fanno pensare, però non parla mai della malattia, che oltre all'interessato vivono anche le persone della famiglia. Avrà taciuto volutamente e sarà poi vero che seguire i malati di mente, averli in casa o in istituto può essere, come dice la Gasparini un "fardello di grazia"?
Gli episodi che mi hanno maggiormente colpita:
- quando Ida si reca al maniconio di San Salvi per far visita e portare le paste "al su figliolo", quelle di Robiglio, "le più bone di Firenze", che è un momento veramente poetico e toccante;
- la storia delle rane spellate che vogliono raggiungere l'acqua, dove credono di potersi ancora rigenerare e salvarsi dalla morte e che mi ha fatto pensare alla moltitudine di persone che ri reca a Lourdes, tutti per salvare il corpo: anche chi ha fede nell'aldilà prega per rimanere qui, su questa terra.
Ho trovato una stonatura nella narrazione quando la scrittrice parla del figlio: ho avuto l'impressione, io che sono piccola di statura, che considerasse un merito il fatto che il ragazzo avesse raggiunto un'altezza ragguardevole".

"L'ho definita una narrazione autobiografica che non mi ha coinvolto ma, ascoltando le vostre osservazioni, ritengo di averlo letto superficialmente e mi propongo di rileggerlo".

"Mi è piaciuto ma ha un limite, parla della famiglia e non di se stessa. Da una psicanalista mi sarei aspettato un'analisi più approfondita".

"Anche a me sembra sia mancato l'approfondimento, che abbia avuto paura di svelarsi, non entra nel vivo della malattia, ".

"Non ha voluto analizzare la malattia mentale da un punto di vista psichiatrico e clinico. E' un racconto non un saggio, pertanto non era necessario descrivere dettagliatamente la pazzia nelle sue manifestazioni, che peraltro si possono intuire. Ha voluto invece gettare luce sugli aspetti di solito non considerati: la ricchezza, la fantasia, la grazia che si accompagnano alla follia".

"Mi è piaciuto molto per questo aspetto narrativo, che richiama le storie raccontate dalle scrittrici sudamericane. L'autrice ha voluto parlarci di Antonio, della sua diversità, ma in particolare voleva tratteggiare l'immagine della mamma Ida".

"Ida rappresenta la maternità, in tutte le sue manifestazioni materiali e spirituali: incarna "i misteri gaudiosi e dolorosi della madre e del figlio che si amano di amore assoluto, folle divino". E' la vergine, l'immacolata concezione, poiché Ida ha concepito senza essere sverginata e Gavino il padre non ha avuto altro ruolo che questo. E' la "mater dolorosa" alla quale è toccato in sorte un figlio malato e per il quale lei è la "stella mattutina", la "turris eburnea", il "refugium peccatorum". E' l'amore di Ida, l'amore materno per eccellenza, cieco e incondizionato, che rende Tatantonio, non diverso, non uguale ad alcuno, ma bensì speciale e che fa dire all'autrice: "Kafka forse non lo sapeva di come può una mamma trovare bello uno scarafaggio se le si da il modo di considerarlo suo".

Libri citati: La Metamorfosi di Kafka, Gli Uccelli di Tarjes Vesaas

giovedì 6 novembre 2008

Gli uccelli di Tarjei Vesaas

Trama : in un piccolo paesino fra i boschi norvegesi, la giovane Hege vive sola con il fratello Mattis, lavorando duramente per mantenere entrambi. Mattis è l'idiota, così lo chiamano tutti; per la Bibbia, il povero di spirito. Dopo la morte dei genitori, ha sempre tentato di contribuire al bilancio familiare, ma il suo posto non è con le persone normali, con gli intelligenti, così li chiama lui. Non sa lavorare, non sa pensare, se non al ritmo sereno della sua piccola barca a remi. Il mondo rurale, pur con il suo amore concreto e semplice come la terra, prova per lui un affetto sincero, ma egli è pur sempre lo "scemo del villaggio". I normali ridono di loro due, soli e isolati come i due pioppi che si vedono in lontananza dalla loro casa, simbolo naturale dell'immobilità del pensiero e delle persone.

Citazione: "Loro pensano che io non capisca niente"
Il Confronto: Il protagonista, Mattis, è una persona con problemi che non è mai stata seguita in modo adeguato: è senz'altro fragile, carente di affetto. Vive in un mondo rurale, ma non riesce ad essere costante nel lavoro dei campi forse perchè non gli è congeniale. Nel corso del libro più di una volta dice:"loro pensano che io non capisca niente, ma io capisco". Nell'incontro con le "ragazze", al lago mentre si illude di svolgere il lavoro inventato e improvvisato da lui stesso di traghettatore, esse non pensano che sia stupido, altrimenti non salirebbero in barca. Le domande che rivolge loro non sono di una persona idiota e spera di essere visto in loro compagnia in modo che gli altri smettano, per questo, di dire che è uno scemo.
Quando Mattis si accorge che le beccacce hanno cambiato il loro volo per passare sopra la sua casa, egli si sente orgoglioso: parla con loro, ne decifra i messaggi, le aspetta ed è felice. Per me non è nè pazzo nè troppo stupido. E' un individuo che fa fatica a relazionarsi e a farsi comprendere: in un altro contesto, forse avrebbe potuto avere altre possibilità ed essere considerato quasi normale. Mi ha fatto pensare a "Le voci del mondo".

"Condivido: Mattis non da l'impressione di essere un idiota. Egli ispira tenerezza e simpatia. E' gravato dalla sofferenza di essere un diverso e compie sforzi sovrumani per far qualcosa che lo renda simile agli altri (ad esempio nel comportamento tenuto durante l'incontro con le ragazze). I dialoghi con la sorella spesso sono ermetici, non espressi totalmente. Il libro è ricco di pensieri, di monologhi interiori, che stimolano la riflessione. L'ho letto volentieri poichè mi sono sentita trasportare in un mondo poetico e sovranaturale. Bello anche il suo attaccamento alla natura, la descrizione del vento, degli uccelli, del lago. Esiste una contrapposizione tra il mondo dei diversi e il mondo di chi è normale: quello dei diversi è più simpatico".

"Ho impiegato un po' a leggerlo poichè è molto lento. Concordo che il protagonista sia un po' ritardato, uno sprovveduto forse ma non idiota. Mi ricorda certe persone di potere, in particolare un mio compagno di infanzia, che, pur essendo tutt'altro che intelligente, ha fatto carriera in politica ".
"La definizione idiota è legata anche a questa specifica traduzione. In un'altra il termine viene tradotto con perditempo."
"Mattis si sente in colpa nei confronti della sorella, è oppresso da questo senso di impotenza: sa di vivere in un guscio da cui non riesce ad uscire. I paesaggi sono raccontati, resi visibili. C'è tanta umanità, a differenza di tanti libri, anche di quelli letti in precedenza, non c'è violenza. Alla fine non ti rimane la bocca amara e qualcosa insegna".
"La lentezza mi ha aiutata ad entrare nel romanzo".

"L'autore ci fa conoscere il mondo di un diverso, di un idiota, di un povero di spirito, dello scemo del villaggio. Un mondo di cose semplici, di attimi, di segni, di ascolti, di sorrisi, di una parola, dove non c'è posto per i diversi, condannati all'infelicità, un mondo che i normali non riescono a cogliere perchè travolti dalla quotidianità. Mattis, con la sua sensibilità, percepisce da alcuni segni della natura che la realtà intorno a lui sta cambiando (il pioppo abbattuto dal temporale, il passo delle beccacce sulla sua casa ...).
Questo libro è stato scritto in età matura dall'autore, che è sicuramente un osservatore e un conoscitore della natura ("gli occhi di Hege sono strani, sempre sfuggenti come quelli degli uccelli. Hege è intelligente, è lei che mi mantiene, parola amara da masticare come la corteccia di un pioppo"). Se un idiota capisce che in questo mondo non c'è posto per i diversi, non è proprio un idiota."
"Mi è piaciuto molto anche lo stile, si sposa con il mondo che presenta. Lo scrittore ha voluto fornire il punto di vista dell'idiota, però sembra che nel suo farsi un'idea della realtà egli procedesse per tentativi. Infatti in persone con questo tipo di problemi l'estrema consapevolezza della propria diversità forse non c'è. Mi ha fatto comunque riflettere sul mio atteggiamento nei confronti di persone con handicap, che ora chiamiamo "diversamente abili". Una giusta definizione visto che Mattis ha delle abilità diverse da quelle comuni che se potesse esprimere, forse sarebbe felice. Invece nel villaggio è considerato normale chi riesce ad essere autosufficiente e lui non lo è.
Ho molta simpatia per la sorella, magari non aveva per lui l'attenzione che sarebbe stata necessaria, ma gli voleva bene, lo manteneva con il suo lavoro, sacrificando la sua giovinezza.
Quando la sorella si sta innamorando del taglialegna lui lo capisce dal comportamento strano di lei. In alcuni passaggi la scrittura è un pò ambigua, sembra quasi che Mattis sia innamorato della sorella e per questa ragione diventi geloso. Egli però sa cosa vuol dire essere innamorati: l'idea se l'era fatta osservando la coppia che lavorava nel campo, la cui forza, intelligenza e bellezza erano espressioni dell'amore stesso.
Non sono d'accordo invece con il ritenere che le ragazze straniere che Mattis ha trraghettato non abbiano capito la sua diversità: esse hanno avuto la sensibilità, che gli abitanti del villaggio non avevano, e si sono comportate come se fosse uno normale per non offenderlo".

"La sorella per me non ha vuto una grande attenzione educativa. Si preoccupava dei bisogni primari, della loro sussistenza, ma non è stata capace di stimolarlo intellettivamente."
"La vicenda di Mattis è fortemente impregnata di contenuti simbolici: per esempio il più significativo è stato il passaggio delle beccacce, lo ha fatto sentire importante. Forse se fossimo più attenti anche noi vedremmo dei segni nella nostra vita".
" I segni si vedono solo ad una certa età, i giovani non li possono vedere".
"Emerge costantemente il tema della morte, anch'esso legato al simbolismo. I due pioppi davanti a casa venivano chiamati dagli abitanti del villaggio con il suo nome e quello della sorella, Mattis e Hege, ma Mattis non riesce a scoprire chi è l'uno e chi è l'altro. Quando un fulmine ne abbatte uno dei due Mattis è spaventato, perchè per lui è senz'altro un segno premonitore della imminente morte di uno di loro, ma chi? Se si trattasse della sorella la tragedia sarebbe ancora più grave perchè verrebbe meno il suo sostentamento e non potrebbe comunque sopravvivere. Il libro si conclude però con il suicidio, almeno così appare, di Mattis, causato dal senso di abbandono in seguito alla relazione della sorella con il taglialegna. Poichè si sente escluso ed isolato, la sua condizione è il segno del destino, che voleva che fosse lui a morire. In realtà non v'è la certezza che Mattis desideri davvero farla finita perchè comunque, quando la barca affonda perchè lui forza il fondo marcio con il piede, non si abbandona all'acqua, ma si aggrappa ai remi".
"In extremis vede nei remi ancora una possibilità di salvezza, ma lascia che il destino decida della sua fine."
"Ci sono nel libro anche dei momenti di grande umorismo, talvolta inconsapevole e involontario. Ad esempio quando Mattis conta i capelli grigi della sorella, senza capire che sta offendendola."
"Non mi è piaciuto, l'ho trovato noioso per via della scrittura molto lenta. Anche i sudamericani hanno una scrittura molto lenta, ma è ritmica, quasi musicale e ha un senso: questo tipo di lentezza non c'è l' ha".

"Il ritmo per me è invece molto coerente sia con la personalità di Mattis, sia con il fluire dei suoi pensieri, sia con il suo mondo. E' lieve e poetico."

"Anch'io ho fatto fatica per via della lentezza, soprattutto nella prima parte. Mi sono piaciute le descrizioni della natura, degli alberi, del lago. Più che un idiota è un autistico, ha difficoltà di comunicazione e di comprensione, sembra che equivochi sempre quello che dicono gli altri, interpretandone i comportamenti in maniera esagerata. Il finale è improbabile: Mattis non può desiderare di suicidarsi perchè non è consapevole della sua condizione. Il suicidio semmai potrebbe essere visto come un gesto per punire gli altri che lo hanno abbandonato."