"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

martedì 10 febbraio 2015

L'impazienza del cuore di Stefan Zweig

Trama (da IBS): Alla vigilia della Grande guerra, Anton Hofmiller, ufficiale dell'esercito austro-ungarico, conosce Edith, figlia di un ricco aristocratico ungherese. La ragazza, affetta da paralisi, provoca in Anton un ambiguo senso di pietà che lo spinge a farle visita quasi tutti i giorni. Scambiando questo sentimento per amore, Edith, aiutata dal potere persuasivo del padre, convince Anton a chiederla in sposa. Pentito, ma schiacciato dal senso di colpa, il protagonista scivola in comportamenti sempre più incoerenti, mentre sul loro destino si profila l'ombra della tragedia. Stefan Zweig compose questo suo primo romanzo tra il 1936 e il 1938, anni cruciali di cui la storia fatale e drammatica tra Anton e Edith rispecchia, come in una profezia, il tumultuoso e inarrestabile crescendo europeo, la rovina dell'intelligenza e dei sentimenti che in poco tempo avrebbe travolto l'intero continente. 


Il confronto:



E. : Non mi è piaciuto, ma non sono riuscita a finire di leggerlo, anche per mancanza di tempo.
O. : Mi mancano ancora un centinaio di pagine. Peccato che in copertina ci sia già scritto il finale.
M. : E' un libro molto triste, anche per l'argomento che tratta: la compassione. Non è facile approcciarsi ad un tema del genere. Tutto nasce da un equivoco. Le persone frequentavano feste in una storica dimora perchè invitate dal proprietario, un ricco faccendiere che desiderava distrarre Edith, la povera figlia paralitica. Il sottotenente Anton Hofmiller è un ingenuo, che diventa assiduo frequentatore della casa dei Kekesfalva : non capisce che la ragazza si sta innamorando di lui (è l'unico a non capire). Si rivolge al medico di Edith per un consiglio e questi, che a sua volta ha sacrificato la sua vita sposando una sua paziente cieca, chiede a questo ragazzo di farsi carico di Edith. Per Anton questa richiesta è un pò troppo onerosa:  non ama Edith e non vorrebbe assumersi il peso di tale situazione. Mi ha colpito il fatto che ci sono due vite rovinate: la ragazza che si è uccisa ed il tenente, vittima lui stesso, poichè ha vissuto il resto dei suoi giorni con il rimorso.
“Nessuna colpa è dimenticata finchè sopravvive alla coscienza”.
L.: Secondo me Anton si è comportato bene. Si è solo lasciato prendere la mano dalla compassione. In battaglia ha cercato la punizione. Ci sono delle pagine bellissime sul rapporto fra uomo e donna e le dinamiche dei  sentimenti. Quando una donna si sottrae a una passione indesiderata, ubbidisce in fondo ad una legge del suo sesso. Mentre quando la donna ha confessato la propria debolezza, i propri sentimenti ad un uomo, è inutile per lui tentare di sottrarsi con discrezione, tutte le parole di scuse diventano assurde, ogni diniego dell'uomo si muta in crudeltà.  A me risultava interessante la cugina: pensavo che Anton avrebbe avuto una storia con lei. Edith, la paraplegica, è un'adolescente isterica e viziata. Il tema centrale è comunque l'amore. E' meglio amare senza essere amati o essere amati senza volerlo?
G.: Questo libro ruota intorno ad un perno: la compassione. Gli ingranaggi di Edith e del tenente Anton vanno a 2 velocità. Già dalle prime visite capisce che qualcosa non quadra con la ragazza. Anton ha iniziato a non piacermi più quando ha accettato il regalo dal padre. L'unico responsabile per il suicidio di Edith è Anton, poiché si è comportato molto superficialmente. La bellezza di questo libro è la tecnica narrativa avvincente.
M. : Anton essendo un militare, aveva un forte senso dell'onore e del dovere e si sentiva in obbligo di rimediare alla gaffe iniziale con Edith, quando, non essedosi accorto del suo stato di infermità, l'ha invitata a ballare. In seguito con il suo comportamento non ha fatto altro che peggiorare le cose. Avrebbe potuto farsi perdonare inviando dei fiori e poi sparire. Ad un certo punto Anton sembra intenzionato a sposare Edith, per un attimo ha avuto un trasporto verso questa soluzione, che lo fa  sentire necessario. Il potere che sente di avere di cambiare la vita degli altri, di farli felici, lo fa stare bene.
L.: Anton non è un personaggio che ispira simpatia. E' un insicuro che cambia continuamente idea. E' bella l'analisi dei sentimenti, degli stati d'animo. Anton è perennemente in conflitto con se stesso, è una persona immatura, non è capace di decidere una cosa e di mantenerla, si lascia continuamente condizionare. Sin da bambino è stato educato soprattutto ad obbedire. La storia è raccontata molto bene, scava nell'animo delle persone. I ritmi sono quelli della sua epoca, il '900. La narrazione è in prima persona e segue i flussi di coscienza propri della psicoanalisi. Ricorda un pò "La coscienza di Zeno".
M.: Il padre di Edith è un ebreo. E’ abituato ad imbrogliare le carte e lo sa fare bene. Infatti circuisce il tenente che in quella casa porta un raggio di sole. Tutti si appoggiano ad Anton per scongiurare le crisi isteriche di Edith. Anton ingenuamente si sente gratificato e ne è felice. Molto significativa è la storia del jiin.
F.: Tutti si appoggiavano ad Anton e lui ne era compiaciuto. Capiva di essere entrato in un giro dal quale non sarebbe più uscito.
D.: Il libro mi è piaciuto molto. Anton è molto indeciso e purtroppo le peggiori azioni accadono non per cattiveria ma per debolezza. Edith non è piccola, è solo indifesa. Anton è condizionato dall'esterno. Bella la figura del dottore e la frase che pronuncia: "la malattia (di cui è affetta Edith) non è incurabile, non può essere curata ora”.
C. : Ad Anton non si possono attribuire delle colpe. Non si può neppure considerare un ingenuo. Ha fatto quel che era in grado di fare, per le capacità che aveva, data l'età e l'educazione ricevuta. Non ha deliberatamente fatto del male, si è trovato costretto a compiere delle scelte. Era incline allo spavento e ad ingigantire ogni problema. Sicuramente Anton non ha una forte personalità. Ma il comportamento di Edith non è stato molto edificante. Si è approfittata della sensibilità del tenente e ha ricattato tutti con la sua malattia. Mi ha ricordato Fosca di Tarchetti. Alla fine, per i sensi di colpa Anton ha sacrificato comunque la sua vita, l'ha messa a repentaglio in guerra e non ha attribuito molto valore ai riconoscimenti che gli sono stati conferiti per il suo eroismo. E' giusto sacrificare la propria vita per qualcun'altro? Lo fa il medico e per certi versi anche il non ancora nobile Keskesvalva, quando circuisce la serva, erede di una fortuna. Egli si innamora della sua ingenuità e del suo candore e le chiede di sposarla. Sarà un matrimonio felice. 
E. : Mi è piaciuto, è stata una lettura impegnativa. In un certo senso l'ho trovato molto attuale. Bella la figura del dottor Condor. Il suo modo di analizzare le persone, di psicanalizzarle costituiva per i pazienti  una sorta di medicina alternativa. Anton  è sia  vittima  che carnefice. La formazione del suo carattere è stata molto carente. Anton aveva bisogno di una famiglia, di un ambiente diverso dalla caserma e Edith e la sua famiglia avevano bisogno di aria fresca. Tutti  i protagonisti di questo dramma in fin dei conti si sono usati.