"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

martedì 6 novembre 2012

Semina il vento di Alessandro Perisinotto

Semina il vento Trama(da IBS): Braccio 6, nel reparto di massima sicurezza di un carcere del Nord Italia. Sulle labbra, la dichiarazione di innocenza; tra le mani, il giornale che ritrae in prima pagina il corpo senza vita di sua moglie. Su consiglio del proprio avvocato, Giacomo decide di raccontare la propria vicenda, l'inevitabile serie di eventi che lo ha condotto in quella cella. E così torna all'epoca in cui, per riuscire a sopravvivere a Parigi, alternava il lavoro di curatore di mostre per bambini, a quello di cameriere. Era in quel periodo che aveva conosciuto Shirin. Non l'aveva trovata subito bella, almeno non nel senso consueto del termine; era stato attratto piuttosto dalla storia che i suoi occhi sembravano celare, da quel profondo distacco verso chi le stava accanto, come se per lei la vita vera fosse altrove. Ci sono amori che iniziano all'improvviso, con notti memorabili, il loro invece era nato con la lentezza inesorabile delle cose fatte per durare. L'innamoramento, il matrimonio e poi la decisione che avrebbe cambiato le loro vite per sempre: lasciare Parigi per trasferirsi a Molini, sulle montagne piemontesi, nel paese dove lui era nato. Ma nessun luogo è al riparo dal vento dell'odio, dal fanatismo delle religioni, dall'arroganza del potere, dall'intolleranza strisciante. Così il paradiso aveva cominciato a scivolare verso l'inferno, prima piano, poi sempre più rapidamente, fino ad arrestarsi lì, in quella cella, con il tormento del ricordo d'un amore reso perfetto dalla morte.



Il confronto



M: E’ una storia molto amara, il nucleo centrale del libro non è il progressivo declino della storia d’amore, ma il tarlo dell’intolleranza che si insinua tra i due amanti.
C.: La coppia protagonista, Shirin e Giacomo, è unita da un sentimento fragile e ricerca un’identità nel mondo esterno. L’assenza di dialogo tra i due protagonisti causa conflitti e incapacità di empatizzare con l’altro.
P.: L’espediente narrativo delle foto mi fa rievocare l’arte cinematografica anche se il risultato è un po’ più pesante. Mi è piaciuta molto la descrizione della felicità assoluta dell’innamoramento, al confronto con la quale tutto scade nell’ordinaria felicità. Shirin ha una psicologia labile, fragile, è sempre alla ricerca di radici, di una vita semplice in cui identificarsi. Nel  finale  banalmente colpevolizza la religione e i pregiudizi come causa della propria infelicità, affermando che ”l’ateismo è la sola religione di pace.”
R.: Il messaggio del libro è che l’intolleranza può portare alcune persone a gesti estremi. I due protagonisti non mi sono piaciuti molto: Giacomo è in difficoltà a gestire una donna come Shirin, piena di se stessa ma colta e intelligente. Giacomo è un personaggi deludente, in quanto non difende la moglie contro tutti, ma cade nel pregiudizio.
Mi hanno maggiormente tediato la descrizione delle fotografie e la parte centrale del libro, mentre nel finale la vicenda sembra prendere vita. Nel complesso è una deliziosa storia amorosa.

L.: I personaggi mi sono piaciuti. All’inizio Giacomo appare come un ragazzo timido e imbranato, ancora inesperto delle gioie d’amore. Shirin, invece, seguiva il proprio compagno  restando nell’ombra, sentendosi estranea al club di artisti e geni incompresi dal mondo.
Giacomo ritorna al paese, a Molini, per vivere le antiche tradizioni, per trovare qualcosa in cui credere e identificarsi. L’intolleranza, però, non tarda a insinuarsi nella vita del tranquillo paesino di montagna, come descrive splendidamente l’autore: «Ma il seme dell’odio germoglia nei posti più insospettabili, all’ombra di quello che pare buon senso e invece è solo grettezza e stupidità».Perissinotto mostra come alcune situazioni nascono in sordina ma portano a conseguenze disastrose. Il protagonista si sente in colpa per non aver capito la situazione e il disagio della moglie.

E.:  Il libro mi è piaciuto molto, stupendomi continuamente. Sembra che l’autore voglia ingannare il lettore, facendogli credere che Giacomo sia il vero assassino.
Una figura interessante è quella della madre di Shirin, che fino all’ultimo insinua nel protagonista il dubbio di non aver difeso a sufficienza la moglie, ripetendo queste spietate parole: “Ma tu sei sicuro di aver fatto tutto per lei?”. Il finale del libro mi ha fatto comprendere le difficoltà di difendersi  quando  le  tue idee sono diverse da quelle degli altri.

M.: E’ un libro che spazia all’interno dei sentimenti e delle emozioni, passando dalla rappresentazione dell’amore a quella dell’odio. L’amore fa superare ogni diversità, permettendo di avvicinare persone con culture, origini e religioni diverse. L’odio, invece, accentua le differenze, non permette l’integrazione e rifiutando ciò che non è allineato. La storia d’amore di Shirin e Giacomo è una combinazione meravigliosa di culture, religioni e paesi diversi.
Molini, un piccolo paese di montagna, dà la possibilità ai due giovani protagonisti di ricostruire un passato comune, identificandosi nella cultura e nelle tradizioni locali: Shirin si integra nel gruppo di canto del paese e Giacomo insegna  nella scuola elementare. Qui vivranno il periodo più bello e fecondo della loro vita che culmina nell’unione in matrimonio. Proprio in questa realtà, inizialmente ospitale, conosceranno l’insofferenza e il pregiudizio verso gli stranieri e verso l’impostazione aperta dell’ insegnamento di Giacomo. Questo seme dell’odio porterà Shirin ad avvicinarsi alla cultura islamica che finora non aveva condiviso, staccandosi da Giacomo, ormai incapace di comprenderla.  Il suo avvicinamento al gruppo di giovani islamici le è costato la vita. Nel finale Shirin appare come una persona completamente diversa: non è più una giovane ragazza che non si fa problemi a mostrare la nudità del proprio corpo in spiagge di nudisti, ma diviene vittima dell’intolleranza. Emerge un netto contrasto con la frase pronunciata da Shirin a  Parigi all’inizio del libro: “i musulmani hanno in testa solo il Corano. Vacche, capre e donne per loro è tutto uguale”.“L’unica legge che servirebbe sarebbe quella di vietare di professare qualsiasi religione come ai tempi della rivoluzione”
La vicenda fa comprendere che la fedeltà alle proprie origini non deve mai essere a scapito del mondo e all’autentico incontro con gli altri.

MP. Mi è piaciuta molto la struttura narrativa, in particolare l’alternanza iniziale dei punti di vista tra l’avvocato difensore e il recluso nel carcere, Giacomo Musso. La storia del protagonista, incolpato ingiustamente della morte della moglie, può testimoniare il cattivo funzionamento della giustizia che spesso colpevolizza innocenti. Progressivamente si scopre che Giacomo non è semplicemente accusato di reato passionale, ma anche di essere complice dell’attentato terroristico di Shirin.
La scrittura assume un ruolo fondamentale quale mezzo di espiazione, di scavo interiore e di approfondimento, divenendo l’unica ragione di vita per Giacomo.
Interessante è la considerazione del paese che richiama quella presente in molti libri di Pavese (es. Paesi tuoi, La casa in collina). Emerge il tema delle radici, della necessità di un paese e di una terra d’origine in cui riconoscersi. La duplicità pavesiana di Torino e le Langhe sembra proiettarsi nell’opposizione tra Parigi e Molini. Nel finale emerge, però, l’impossibilità di integrarsi, con il risultato di un forte senso di estraneità, di amarezza e di impossibilità di ritrovare la propria strada.
Un tema caldo, che attraversa tutto il libro, è quello dell’integralismo islamico. Shirin è una donna debole e fragile, cerca forza in altri: prima negli uomini, poi a Molini e nei canti popolari e infine nell’islam.
È alla ricerca di un’origine mancata. I suoi genitori sono islamici e parigini, con mentalità aperta e cosmopolita. È molto interessante la trasformazione della donna: prima ostenta la nudità del corpo e poi si nasconde sotto un burqa. La sua conversione all’islam risulta essere una scelta dettata dall’odio, non da una profonda e sincera conversione.

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