"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

mercoledì 26 settembre 2018

La prima verità di Simona Vinci

Ci siamo incontrati


Mercoledì 26 settembre 2018
 alle ore 20.30



  nella sede della biblioteca

e confrontati sulla lettura del libro

La prima verità di Simona Vinci 
Einaudi edizioni




Trama (da IBS):  
Una giovane donna va alla ricerca del misterioso passato dei reclusi di un enorme lager in un'isola greca dove il regime dei colonnelli confinò insieme folli, poeti e oppositori politici.

E sprofonda, come il coniglio di Alice, seguendo tracce semicancellate archivi polverosi e segni magici, in una catena imprevista di orrori e segreti dove la pazzia sempre più si mostra come eterno segno dell'opposizione e della ribellione e il passato rivive in storie miracolose, in una festa del linguaggio e della parola. Nella seconda parte del romanzo la detection su follia, normalità e violenza della giovane donna si allarga al mondo contemporaneo e finisce col diventare inevitabile, sconvolgente autobiografia dell'autrice, dove il nodo del rapporto con la madre e la scoperta del fantasma della propria follia (e di quella materna) si aprono in immagini di rara forza. Unica salvezza è la parola poetica, la passione di dire e raccontare che unisce i mondi nel gesto individuale di chi ha il coraggio di cercare ancora "la prima verità"
.


La prima verità di Simona Vinci non è una di quelle letture che scivolano via senza la- sciare traccia.
Leggerlo è come entrare in un vortice di aria e lame: si esce con la pelle segnata da incisioni profonde. In questo romanzo la necessità di scrivere si tramuta in purissima invenzione letteraria. Ci troviamo infatti alle prese con una sorta di autobiografia mancata: l’autrice non ci racconta un dolore realmente vissuto, ma un dolore che avrebbe potuto vivere (…).

La prima verità si apre con la descrizione di una bambina nuda, legata al letto di un ospedale psichiatrico in cui si praticava l’elettrochoc a chiunque fosse considerato ineducabile, pericoloso per sé e per gli altri. E Simona Vinci annota: “Mi colpisce perché sono stata una bambina ineducabile. Sono stata una bambina pericolosa per sé e per gli altri. Mi è andata bene. Se fossi nata solo cinque anni prima del 1970, in un altro contesto sociale, avrei potuto essere io quella bambina nuda, legata con cinghie di contenzione a un lettino spinto contro i margini dell’abisso”. È a partire da questa consapevolezza, questa condivisione di un dolore mai provato, che Simona Vinci costruisce una storia potente, che ha il suo centro nella greca Leros, l’isola-manicomio che ospitava in condizioni disumane malati psichiatrici e che fu utilizzata come luogo di confino per detenuti politici durante la dittatura dei colonnelli.


In quell’isola veniamo catapultati anche noi, grazie a una scrittura che, come il sole estivo sulla terra brulla, più che splendere brucia (“la scrittura” si legge nel libro “andrebbe trattata come un corpo delicatissimo, il corpo di un bambino, fragile, quasi trasparente. Noi siamo il chirurgo che deve incidere la sua carne e suturarla, noi siamo quelli che devono tenerle in vita, le parole. E il falso le ammazza.
Tu vorresti essere una che ammazza i bambini?”). Una scrittura in cui tutto, persino il più invisibile moto interiore, diventa immagine: “Maria finisce di preparare la cena e la sua schiena voltata e la nuca umida di sudore sono un rimprovero alle giornate troppo pigre delle figlie”.

Simona Vinci mostra la follia che si annida in ogni vita, e la vitalità – repressa, punita, inascoltata o incapace di parlare – che c’è in ogni follia. La sua penna si misura con il potere, l’eros, la morte, la poesia, e dà voce a decine di uomini e donne abbandonati, che cercano o non cercano di contrastare quella condanna, uomini e donne alla prese con il tentativo di tenerla fuori dalla propria porta di casa. Un tentativo che ci riguarda tutti. La prima verità è lì a ricordarcelo, con la ferocia e la grazia che hanno solo i grandi libri.

Recensione di Simone Giorgi















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