"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

martedì 20 dicembre 2016

Sender Prager di Israel J. Singer





Trama: Sono tutte in lacrime, le cameriere ebree del Praga, alla vigilia delle nozze del padrone: certo, hanno sempre saputo che lui andava a letto con tutte, «eppure ognuna era convinta in cuor suo che con lei si sarebbe comportato in modo diverso». Ora, però, che nell'annuncio affisso in vetrina c'è scritto, nero su bianco, che «in onore del felice e fortunato matrimonio del proprietario di questo ristorante, Sender Prager, con la sua fidanzata, Edye Barenboim» i poveri del quartiere riceveranno un piatto di crauti e salsicce, hanno perso ogni speranza. Si è fidanzato all'improvviso, perché all'improvviso, a quarantaquattro anni, ha avuto paura della vecchiaia e della solitudine. Così, lui che delle donne non si è mai fidato, si è lasciato indurre a sposare quella ragazza che ha la metà dei suoianni e lo guarda. «Dio del cielo,» implorano le cameriere «fagli pagare la nostra umiliazione».

Il confronto

M.S.: Secondo me in questo libro si narra della rivincita delle donne nei confronti dell'uomo, il protagonista è un po' mascalzoncello. Ognuna delle cameriere credeva di essere la preferita anche se lui le trattava tutte male. Nonostante tutto alla fine mi è spiaciuto che lui abbia sofferto così.

P.B.: Io l'ho letto velocemente. Mi ha un po' infastidita, ma al contempo mi fatto riflettere, che è quello che mi piace dei libri. Non vedo nessuna rivincita da parte delle donne, anzi, io credo che nel libro vengano trattate in modo superficiale, come se fossero tutte poco di buono e ciò mi ha indotto a pensare come sarebbe stato questo racconto, in un’epoca così maschilista, se lo avesse scritto una delle servette. La fine di Sender mi è parsa molto triste: avrebbe anche potuto accettare il fatto che la moglie non fosse vergine, dal momento che non ci viene nemmeno detto con chi è successo. In fin dei conti la ragazza, sua moglie, per lui non contava nulla. Ed è stata l’umiliazione che ha subìto a farlo diventare una vittima.

L.F.: Facciamo una premessa: l'intelligenza di questi scrittori ebrei sta nel forte senso dello humor, anche nei confronti di se stessi. La loro religione gli impone delle leggi molto severe e nonostante ciò riescono a riderne ed a prendersi in giro. Secondo me Sender, un donnaiolo ambìto per le sue facoltà economiche, non ha sofferto per niente della situazione. Egli viene spinto dal rabbino a sposarsi facendo leva sul fatto che non aveva un erede a cui lasciare i suoi beni e che nessuno lo avrebbe ricordato nel giorno dei morti.  Prima del matrimonio, pur non essendo bello, anzi, era molto brutto e robusto, aveva molte donne. Viene indotto a sposare una donna che credeva vergine quando in realtà non lo era e per lui è stato un grande smacco. Inoltre, la sera prima della cerimonia, aveva dovuto confrontarsi con la famiglia della sposa, la quale lo aveva trattato con sufficienza perché, contrariamente a lui, erano tutte persone istruite. Quando la sera delle nozze l’uomo scopre che la ragazza non è pura, si sente fregato, ma non la ripudia per paura del ridicolo e di perdere la sua immagine sociale. Incomincia  a bere ed a trascurarsi, così tanto che alla fine viene ricoverato e muore. Il cameriere assume il comando del ristorante del padrone e mette la moglie, che fa sua anche fisicamente, alla cassa.  L'umorismo è davvero graffiante.

M.T.: Prager si sentiva inferiore. Era stato umiliato dalla famiglia di lei perché ignorante. Nessuno ne esce bene, né gli uomini né le donne.

R. R.: Questo libro mi ha un po’ sconvolta. Lo scrittore fa una critica molto forte alla sua religione.

C.D.: Evidenziare l'aspetto esageratamente umano delle persone non vuol dire sminuirne la spiritualità. Viene descritta la difficoltà di essere coerenti e di seguire le regole religiose a causa delle nostre miserie umane. Non è solo umorismo, è una critica molto forte alla propria religione.

L. F.: Sono d'accordo con Patrizia: è un libro maschilista. Le donne non ne escono bene. Mi aspettavo un racconto diverso. All’inizio l’immagine che di Preger ci viene fornita è di un uomo buono,  che distribuisce il pranzo ai poveri. La paura di restare solo, di essere ignorato e dimenticato l'ha portato a sposarsi. Tuttavia la sua reazione alla constatazione che la sposa non è vergine l'ha distrutto.

G.M.: Mi è parso un libro abbastanza pessimista. Sembra che tutti debbano vendicarsi di qualcosa.

M. R.: Le donne che lavorano in cucina puntano tutte ad una sistemazione, ovvero a sposarsi con il padrone, scapolo, perché ognuna crede di essere la sua preferita. Scandalosi sono i parenti della sposa che seguono tutte le regole imposte dalla religione ebraica e trattano con sufficienza l'ignorante futuro sposo. Questi, che per la prima volta ascolta il rabbino e segue i dettami della religione, viene imbrogliato e gli viene accollata una ragazza non più vergine. Trovo che la sua reazione, una volta scoperto l’inganno e persa la sua dignità, sia stata esagerata: non avrebbe dovuto lasciarsi andare in quel modo! Nel finale troviamo il riscatto delle donne che Sender Preger aveva sfruttato. Il cameriere, suo dipendente, è stato scaltro ed ha saputo prendere in mano la situazione ottenendo dei vantaggi. 

E.N.: Il libro mi è piaciuto nonostante nessuno, dalla cameriera al rabbino, ne esca vincitore. In esso l'autore evidenzia come si risponda alla società in un modo ma, come poi, nel proprio io, ognuno sia una persona diversa da quella che mostra. Mi ha stupito che l’autore abbia impartito un affondo così deciso alla propria religione.
 

mercoledì 30 novembre 2016

La notte di Lisbona di Erich Maria Remarque

Trama:  È il 1942 a Lisbona. Un uomo osserva attentamente una nave ancorata nel Tago, poco distante dalla banchina. Al vivo bagliore delle lampadine scoperte, sull'imbarcazione si sbrigano le operazioni di carico. Si stivano carichi di carne, pesce, conserve, pane e legumi. Come tutti i piroscafi che, in quei tumultuosi giorni del 1942, lasciano l'Europa per l'America, la nave sembra un'arca ai tempi del diluvio. Un'arca incaricata di porre in salvo una gran folla di disperati, di profughi inseguiti dalle acque fetide del nazismo che hanno inondato da un pezzo Germania e Austria, e già sommerso Amsterdam, Bruxelles, Copenaghen, Oslo e Parigi. Anche l'uomo che la contempla è un profugo, senza alcuna speranza, però, di raggiungere New York, la terra promessa. Da mesi i posti sulla nave sono esauriti e, oltre al permesso di entrata in America, all'uomo mancano anche i trecento dollari del viaggio. Sarebbe certamente destinato a perdersi e dissanguarsi nel groviglio dei rifiutati visti d'entrata e d'uscita, degli irraggiungibili permessi di lavoro e di soggiorno, dei campi d'internamento, della burocrazia e della solitudine, se la sorte non venisse in suo aiuto. Un uomo, che non ha l'aria di un poliziotto, lo approccia e in tedesco gli dice di avere due biglietti per la nave ancorata nel Tago. Due biglietti che non gli servono più e che è disposto a cedere gratis a una sola condizione: che il futuro possessore non lo lasci solo quella notte e sia disposto ad ascoltare la sua storia... 


Il confronto:

Patrizia: Mi è piaciuto moltissimo. Alla fine la definirei una storia d'amore che ha, tuttavia, uno scenario sfavorevole, infausto. È la storia disperata di un uomo in fuga, in cerca della libertà, che ha vissuto, e sta ancora vivendo, il dramma della persecuzione, non descritta tuttavia in modo brutale,  tant’è che non fa impressione. E’ una storia d’amore: Schwarz, il protagonista, trova la via della libertà ma decide di ritornare ad Osnabrück, il suo paese, per cercare la moglie. Inizialmente il suo ritorno non sembra mosso da una grande passione quanto più dall’impulso di colmare un vuoto. Infatti, quando la rivede la moglie Helen si rende conto con grande sorpresa di quanto lei sia diversa da come lui la ricordava: la donna anticonformista, decide di ribellarsi alla sua famiglia e di seguirlo nella fuga. Quando però sono vicini al raggiungimento dell’agognata meta, il destino dispone a modo suo. L’autore è molto bravo a creare suspense,  utilizzando anche vari livelli di narrazione che egli gestisce veramente bene.
I fenomeni storici di cui si parla sono legati a scelte ideologiche. Cinquanta milioni di tedeschi che pensavano di esportare il loro modello di pace!

Lidia.: Mi è piaciuta molto anche la figura di Helen che sa sempre trovare il modo per non far scoprire a Schwarz la sua malattia.

Maddalena: Mi è piaciuto l'inizio. Sono descritte due figure d'uomo: la prima ormai morta dentro e l'altra incredula di poter ancora sperare nel futuro. L'amore fra Helen e Schwarz è così pacato, intenso, un sentimento che non ha bisogno di parole. Si tratta di una storia di amore vero e profondo. Noi tutti vorremmo lasciare una traccia della nostra vita sulla terra e lui sente il bisogno di raccontare la sua storia perché questa venga ricordata, anche da una persona sconosciuta. È un romanzo pieno di riflessioni.

Roberta: Il loro matrimonio, prima della fuga non sembrava ricco d'amore. Il protagonista ritorna dalla moglie per trovare sé stesso. Ritorna  non per amore ma per bisogno d'amore, perché stanco sia dalla sua vita da fuggitivo che dalla sua solitudine. Mi ha colpita molto apprendere delle vicissitudini di coloro che scappano dal loro paese perché perseguitati. Gli stessi scoprono, poi, che le stesse discriminazioni valgono negli altri paesi europei e non riescono a trovare conforto da nessuna parte. Il tema del resto è molto attuale. La condizione di fuga e di disperazione è la stessa a cui sono costretti le persone che sui barconi fuggono dall’ Africa, a causa della guerra e della povertà, e stanziano disperati alle frontiere in cerca di una via di salvezza.

Maura: Sembra che nelle parole del protagonista Schwarz, usate per raccontare la sua storia, ci sia felicità, nonostante le difficoltà affrontate. La sua immagine risulta più triste nel momento in cui egli la sta vivendo. Il desiderio di raccontare la propria storia ad uno sconosciuto nasce sia dal bisogno di cristallizzare il ricordo e non lasciarlo disperdere, ma anche per non permettere alla propria psiche, col passare del tempo,  di modificare i fatti. Agendo in questo modo, egli è certo che il suo interlocutore non incapperà in questo tranello.

Nadia: mi ha colpito questa frase: “Lei sa che il tempo è un annacquato lungo infuso di morte, il quale ci viene immesso lentamente come un veleno innocuo”

Marco: il fratello di Helen è una brutta figura, è un nazista. Egli fa inseguire la sorella, forse, per non compromettersi con il regime. [Altri, nel gruppo, sostengono che egli la insegua perché è malata]. Siamo a Lisbona, Schwarz racconta la sua storia ad uno sconosciuto al quale regala i biglietti per l'America a patto che lo ascolti. Nella sua narrazione trapela il sentire tipico di Lisbona (dove c’è anche una via con questo nome) la “saudade”, termine che significa nostalgia, ricordo del nostro passato, tristezza e malinconia di perdere il futuro. Per quanto riguarda Helen, credo sia stata una donna molto forte, che amava il marito.

Cristina: Schwarz ritorna per trovare la propria identità in un posto dove i nazisti cercavano di perdere la propria. C’è un’inversione di ruoli fra vittime e carnefici, tra perseguitati e persecutori. Si tratta di un libro autobiografico: infatti l’autore è originario dello stesso paese da cui proviene Schwarz, ovvero, Osnabrück. Possiamo dire che l’autore si identifica con il suo protagonista. Ci costringe inoltre a riflettere sul  fenomeno dell'assuefazione: il popolo viene portato ad accettare gradatamente ogni privazione.  E’ la conseguenza della banalità del male, secondo la definizione che ci ha fornito Hannah Arendt. I prigionieri nei campi di concentramento per poter sopravvivere cercavano di rinunciare perfino all'essenziale, di ridurre al minimo i propri bisogni e di pensare il meno possibile. Erano disposti ad accettare ed a abituarsi a situazioni incredibili. Di Helen mi è piaciuto il suo desiderio di ricordare i pochi momenti vissuti con il marito nella normalità come, ad esempio, i giorni trascorsi nel castello, nei quali lei si è mostrata giocosa e spensierata. Schwarz era stato affascinato da questo suo aspetto: seducente e ridicola nel contempo. Ed è l'amore a renderla ridicola, ingenua come una bambina che non sa a cosa va incontro, soprattutto quando decide di seguirlo.

Luciano: mi ha colpito questa riflessione:”E' una ossessione del nostro tempo che con paura e isterismo segue le parole della propaganda, indifferente se vengono da destra o da sinistra purché tolgano alla folla la molestia fatica di pensare e di assumersi la responsabilità del sentirsi impegnata per ciò che si teme e che non si può evitare”. I regimi totalitari non sono nati dal nulla ma sono stati finanziati dalle grandi lobby.

Gianni: la situazione in Germania non era molto positiva: la pace di Versailles aveva minato molto la sua stabilità. Bisogna partire dalle parate tedesche di quegli anni, dai concerti. Cosa suonavano? Mozart e Beethoven per forza di cose. Chi non era d'accordo doveva spostarsi. Lisbona era una delle ultime oasi per ebrei e dissidenti. Ciò che mi è piaciuto è stato il bisogno di Schwarz di registrare la sua storia in un altro essere umano: il profugo incontrato sul molo in cerca disperata di un biglietto per l’America. Il beneficio dato dai biglietti che lui ha regalato al suo ascoltatore non è stato molto duraturo: infatti, dopo pochi anni dall'arrivo in America, l’interlocutore e la moglie divorziano.


Poesie lette:
“Ci sono donne” di Alda Merini
“Benvenuta donna mia” di Nazim Hikmet

mercoledì 26 ottobre 2016

Roderick Duddle e gli altri: dopo l'incontro con Mari

                                                      
         Ci siamo incontrati
Mercoledì 26 ottobre 2016
alle ore 20,30
nella sede della biblioteca
e confrontati sulla lettura de
  Roderick Duddle e gli altri libri
 di Michele Mari
Trama: «Se avesse potuto gettare uno sguardo anche un solo istante nella mente di quell’uomo, Roderick si sarebbe messo a correre via senza fermarsi mai... Ma tu non scapperai, mio lettore, perché sei avido di sapere, perché ti ho scelto fra tanti, e perché, appunto, sei mio». Figlio di una prostituta, Roderick cresce tra furfanti e ubriaconi all’Oca Rossa, fumosa locanda con annesso bordello. Quando la madre muore, il proprietario pensa bene di cacciarlo: quello che entrambi ignorano è che nel destino di Roderick è nascosta un’immensa fortuna, e quel medaglione che porta al collo ne è la prova. Il ragazzino si ritrova alle calcagna una folla di balordi, mentecatti, loschi uomini di legge e amministratori, assassini, suore non proprio convenzionali – ognuno deciso a impadronirsi in un modo o nell’altro di una parte del bottino. E cosí Roderick fugge, per terra e per mare, in un crescendo di imprevisti, omicidi, equivoci e false piste. Roderick Duddle è insieme summa e reinvenzione del percorso letterario di Michele Mari: guardando a Dickens e Stevenson, mai cosí amati, disegna un’impareggiabile parabola sulla cupidigia e sulla stupidità dell’uomo, ma anche sulla sua capacità di stupirsi di fronte al meraviglioso. Un appassionante e insieme raffinatissimo gioco letterario, che ha la forza e l’intelligenza di proporsi alla lettura semplicemente come romanzo d’appendice contemporaneo. «Mio paziente lettore, che mi hai seguito passo passo fin qui: immagino che sarai stanco, e desideroso di sapere come questa storia va a finire. Cercherò di accontentarti, anche se nessuna storia propriamente finisce mai».
L'INDICE dei libri del mese:
  Si può scrivere oggi, in italiano, un autentico romanzo inglese dell'Ottocento? O addirittura del Settecento? Se sei Michele Mari (o Michael Murry) sì, puoi. Puoi scrivere un romanzo romanzesco, che fin dalla copertina invita a correre senza rallentare dietro i calzoncini corti e il berretto con la visiera di un ragazzino in controluce. E per il titolo, bastano nome e cognome del protagonista: sarà un orfano di Dickens? Un trovatello come Tom Jones? Un provinciale che vive avventure di mare come il quasi omonimo Roderick Random di Tobias Smollett? Il lettore troverà tutto quanto è promesso da questa apertura, e anche molto di più, in un'Inghilterra preindustriale, non cittadina, di ricche signore, tavernieri, marinai, pendagli da forca, suore, prostitute, avvocati, e di vorticosi spostamenti, ma quasi sempre a piedi. Nessuno si stupisce che l'autore di Io venìa pien d'angoscia a rimirarti o di Tutto il ferro della torre Eiffel sia un amante del passato, un maniacale riscrittore, che ricama con un fascio di ossessioni. Lo amiamo per questo. Non per la straordinaria capacità di scrittura, non per il virtuosismo citazionistico, non solo, insomma: ma per il sangue presente che ribolle anche nelle membra che paiono più atemporali o disseccate. Nessuno si stupisce che Roderick Duddle non siaun romanzo di Dickens o di Fielding, ma forse colpisce che sia proprio un romanzo; e che sia felice. È un romanzo dell'avventura, dell'intrigo, della trama, dell'intreccio labirintico e incalzante; tenuto in mano con maestria dal lavoratissimo gioco del narratore: ironico, complice, sempre in dialogo con il lettore, che è via via accompagnato, accarezzato, preso in giro e richiamato all'attenzione con una mirabolante sequela di aggettivi: mio impaziente lettore, mio sapido lettore, privilegiato, frettoloso, bennato, onirico, solerte, morboso, malizioso, prudente lettore; improvvido, sfrontato, fiscale, perplesso, connivente, perspicace, micragnoso lettore; avveduto, gnomico, viziato, partecipe, reazionario, e così via. Soprattutto paziente e tollerante, direi, nonché fedele e affezionato. E ho iniziato a prender nota solo da un certo punto in poi, evitando di inserire nel computo un "mio dilettante onomasta". La felicità discende innanzi tutto da questo grandioso divertimento della struttura narrativa complessa, fatta di innumerevoli incastri, soluzioni, incroci, abbandoni e riprese; tirata su con una lingua magistralmente srotolata, che gioca ariosamente con la tradizione delle traduzioni del romanzesco, spingendosi fino a qualche nota su fantasmatici giochi di parole "intraducibili". E che conduce quindi il lettore a divertirsi, senza sgomento, anche di fronte alle peggiori nefandezze, crudeltà e perversioni (i capi d'accusa potrebbero andare dal reiterato omicidio a sangue freddo allo sfruttamento della prostituzione, dalla riduzione in schiavitù alla vendita di orfani, tralasciando ovviamente la presenza di una badessa radicalmente anticristiana o un caso di ermafroditismo che accende raccapricci e concupiscenze), librate come sono nella sveltezza leggera della narrazione. E felicità anche per il semplice fatto che a un certo punto diventa (anche) un romanzo di mare; ammutinamento, e barile di mele, e Nantucket compresi. E Mari (o, nomen omen!) che già aveva fatto il suo con La stiva e l'abisso (oltre che con il venerabile Otto scrittori) può servire senza limiti la sua golosità lessicale di tutte le biscagline, golette, sagole, griselle, rande e bigotte che si possono desiderare, condite con esclamazioni che vanno dagli Affedidio e Sacramento dell'ouverture fino ad un Crastúmberli! Allora, visto inoltre che innumerevoli sono le forme del riferimento e del rifacimento (il capitano William Bones dell'Isola del tesoro è scelto come pseudonimo da un personaggio, poi è rivelato e discusso, la serie amplissima dei capitoli assai brevi, funzionali al continuo salto da un punto all'altro dell'intrigo, offrono anche un vastissimo terreno di azione per sfrenare il gusto per i titoli, che spesso rifunzionalizzano quelli famosi, come la stessa Isola del tesoro o Of mice and men), siamo di fronte a un divertissement? Sì, certo, ma il romanzo più romanzesco che si possa immaginare, e proiettato lontano nello spaziotempo, è anche un romanzo urgente e autobiografico. Come nell'Orlando furioso, fin dal proemio sappiamo che la follia d'amore del protagonista è la stessa che lima l'ingegno dell'autore: il protagonista ragazzino è anche l'autore, e nel racconto si sdoppia fino a ipotesi di triplicazione. La vera vita di Michele Mari, Roderick-Michael e Roderick-Malcolm, è questo insieme di parole, è tutte queste avventure. E la morale (le morali) della storia c'è, eccome: "il mondo è schiavo del desiderio" (è l'abiezione non è "un mondo a parte"); il "maniacale e agonistico rapporto con le scartoffie" non tende ad altro che a "intuire, sfiorandola, la vita" e il "farsi carne" della cultura "è poi il modo più alto, essendo il più basso, di essere colti".   Davide Dalmas  

mercoledì 22 giugno 2016

La porta di Magda Szabò

 Ci siamo incontrati
MERCOLEDI 22 GIUGNO
alle ore 20,30
nella sede della biblioteca
  e confrontati sulla lettura del libro
  La porta di Magda Szabò
Einaudi
Trama (da IBS): Due donne che tutto separa, due vite diverse che si scontrano. Magda Szabò descrive la strana relazione che per vent'anni è intercorsa tra lei e la sua donna di servizio. Una donna ruvida, senza età, con i suoi principi e bizzarrie, riservata, e con dei segreti nascosti gelosamente dietro la "porta" eternamente chiusa. Se tra il marito di Magda e la donna c'è subito simpatia, viceversa tra le due donne la relazione è imprevedibile, fatta di litigi, riconciliazioni, di non detto. Poco a poco il loro rapporto si distende, Emerence si vota alla narratrice, il loro legame diventa esclusivo, esigente... 

Recensione de L'INDICE dei libri del Mese: Proprio su quella porta che dà il titolo al romanzo, sull'impossibilità di aprirla e varcarla e, insomma, di soccorrere la persona malata che non vuole essere soccorsa, si apre e si chiude circolarmente il romanzo di Magda Szabó. Un sogno ricorrente della protagonista, un inutile sogno perché non si può più mutare l'irrimediabile che è accaduto, la morte di quella persona, ma anche la violazione del suo mondo tenuto al riparo dalla violenza della vita, insieme ai tanti gatti raccolti dalla strada.
Qualcosa di trasognato ha anche la prosa con cui Magda Szabó, nata in Ungheria nel 1917, sdoganata in Occidente da Hermann Hesse, a detta di molti la più grande scrittrice ungherese contemporanea, costruisce il suo racconto intorno alla figura di Emerenc Szeredás, la donna delle pulizie con la quale intesse un rapporto all'apparenza scorbutico, ma di profondo affetto. L'autrice, va avanti e indietro nel tempo, ricomponendo le tessere del mosaico della vita misteriosa di Emerenc, ma, anche, tirando le fila della storia del proprio paese dagli anni sessanta. È il tempo del regime sostenuto dai sovietici al quale Szabó non ha mai aderito, ma lo sguardo arretra anche alla realtà della guerra, del nazismo e della persecuzione degli ebrei, fino all'infanzia di Emerenc. Gli anni della dittatura emergono però in filigrana, e la sola opposizione è quella anarcoide della domestica che negativamente bolla come intellettuali tutti coloro che non fanno un lavoro manuale, dai vecchi signori di una volta ai nuovi plutocrati socialisti, passando dai suoi stessi datori di lavoro: la scrittrice e il marito. "Agli occhi di Emerenc erano sospetti tutti i fogli di carta, tutte le scrivanie, tutte le brochure, tutti i libri, non conosceva Marx e non leggeva niente, nemmeno i giornali, credo che avesse provato a disprezzare anche noi, considerandoci irrimediabilmente pelandroni, ma una volta varcata la soglia di casa nostra, sentendo dentro di sé qualcosa che attenuava l'istintiva antipatia, prima rimase scossa, poi, evidentemente si convinse che la macchina da scrivere sulla quale battevamo i tasti era uno strumento di lavoro, e qualcosa di rispettabile c'era anche nel nostro modo di guadagnarci il pane".
Quest'altra porta che sembra dividere i due mondi lascia aperto uno spiraglio e la possibilità di uno scambio intenso fra le due donne. "Mentre gli anni passavano, il nostro legame si cementò. Emerenc era parte di noi, naturalmente entro i limiti che fissava lei". A cominciare dal contratto di lavoro, dagli orari e dalle modalità: è la donna di servizio a dare disposizioni e a dettare condizioni; un nonnulla può irritarla e farla scomparire per giorni. Ma anche si affeziona, alla famiglia e al suo cane. E col suo fazzoletto in testa, Emerenc lavora forsennatamente e soccorre con gli immancabili "piatti dell'amicizia" chiunque abbia bisogno, diventando una vera personalità di quel quartiere di Budapest. Ammalatasi, mentre la scrittrice sta diventando una celebrità, Emerenc morirà tra gli escrementi suoi e dei suoi animali. È la fine di un microcosmo del quale non rimane nulla, come dei mobili preziosi raccolti in casa, celati dietro un'altra porta ancora, e che, alla luce per la prima volta, finiscono in polvere: "Intorno a me, all'improvviso, tutto si trasformò in un'allucinazione kafkiana, in una scena da film dell'orrore. La consolle crollò, ma la cosa non accadde con brutale velocità. Iniziò a sfaldarsi lentamente, con grazia, finché si dissolse in un cumulo di segatura dorata, le figurine di porcellana e l'orologio caddero a terra, il tavolo, la cornice dello specchio, il cassetto, le gambe, tutto semplicemente nel nulla, ogni cosa finì in polvere". Così come avviene anche della società ungherese. Ma al suo funerale Emerenc compie - a dispetto delle sue parole blasfeme sulla fede - l'ennesimo miracolo, perché lì si raccolgono il medico protestante, il tintore ebreo, il professore cattolico in una sorta di "requiem ecumenico".
Non tutti gli sforzi sono stati "vani", se ora Szabó ci restituisce in questo romanzo il mondo di Emerenc, il mistero della sua casa e quindi della sua vita tribolata della quale, solo a lei, era stata data la chiave. Un libro - La porta - che da noi è solo la punta di un iceberg: Szabó, oggi ottantottenne, ha scritto infatti una quarantina di romanzi, oltre a teatro, saggi, sceneggiature, molte cose consegnate al cassetto al tempo del regime. In Italia negli anni sessanta è uscito per Feltrinelli L'altra Ester con copertina di Bruno Munari e ora, nelle edizioni Anfora, è disponibile un libro per ragazzi.

mercoledì 18 maggio 2016

Longbourn House di Jo Baker

 

 Ci  siamo incontrati
MERCOLEDI 18 MAGGIO
alle ore 20,30
nella sede della biblioteca
per confrontarci sulla lettura del libro
  Longbourn House di Jo Baker
Einaudi




Trama: Sarah è a servizio a Longbourn House da quando era bambina, ma non si è ancora rassegnata a certi compiti ingrati quali lavare la biancheria e svuotare i pitali dei signori. Questa pesante routine senza svaghi la opprime: non vuole accontentarsi di mandare avanti la casa d'altri come Mrs Hill, la governante, fa da sempre. Perciò, quando un giorno di settembre Mr Bennet assume a sorpresa un nuovo valletto, la gioia per la novità è grande. James ha il fisico asciutto e gli avambracci scuriti dal sole. Lavora di buon umore, fischiettando, ed è gentile, ma dà poca confidenza. Sembra sapere tante cose, eppure sul suo passato è stranamente vago. Ama i cavalli e dorme nel solaio della stalla: li, su una mensola, ha dei libri e, sotto il letto, una sacca scolorita piena di conchiglie. È un mondo intero quello che apre per Sarah, una nuova geografia di orridi, vallette in fiore e campi di battaglia. Ispirato al non detto di "Orgoglio e pregiudizio", "Longbourn House" ricostruisce con tono brioso la vita della servitù nell'Inghilterra di inizio Ottocento, facendo emergere tra le righe la fatica e le disuguaglianze su cui si reggeva il bel mondo. All'interno di questo affresco storico, che oltre alla campagna dell'Hertfordshire include la Spagna sconvolta dalle guerre napoleoniche e i porti commerciali sull'altra sponda dell'Atlantico, Jo Baker dona pensieri ed emozioni autentici alle ombre che nel celebre romanzo di Jane Austen si limitavano a passare sullo sfondo rapide e silenziose.

mercoledì 13 aprile 2016

Treno di notte per Lisbona di Pascal Mercier

Treno di notte per LisbonaCi siamo incontrati
MERCOLEDI' 13 APRILE
alle ore 20,30

nella sede della biblioteca
per confrontarci sulla lettura del libro

  Treno di notte per  Lisbona
 di Pascal Mercier
Mondadori edizioni


Trama: Voleva davvero buttarsi giù dal ponte la donna trattenuta una mattina da Raimund Gregorius, insegnante svizzero di latino, greco ed ebraico? Gregorius non sa nulla della donna se non che era portoghese. La mattina dopo, complice la scoperta in una libreria antiquaria del libro di un enigmatico scrittore lusitano, l'altrimenti prevedibilissimo professore prende un treno diretto a Lisbona, dove spera di rtintracciare l'autore. Da questo momento decolla una vicenda che costringerà Gregorius a confrontarsi con le contraddizioni degli affetti e gli orrori della Storia in un modo che mai avrebbe potuto immaginare nella sua rassicurante Berna.

venerdì 29 gennaio 2016

Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams

Ci siamo incontrati
Mercoledì 24 febbraio 2016
alle ore 20,30

nella sede della biblioteca
e confrontati sulla lettura de

Guida galattica per gli autostoppisti
 di Douglas Adams
Mondadori edizioni




Trama: Arthur Dent, scopre che alcune ruspe gialle (che ha appena notato nel suo giardino) stanno per demolirgli la casa in cui abita per fare spazio a una nuova superstrada. Dopo poche ore gli abitanti della Terra scopriranno che il loro pianeta sta per avere lo stesso destino, ma a cura di una flotta di astronavi gialle che appaiono improvvisamente nel cielo. Arthur viene salvato da un suo vecchio amico, Ford Prefect, che si rivela essere un alieno originario della stella Betelgeuse e che lo trascina con sé, chiedendo un passaggio ad una delle astronavi demolitrici. Arthur scoprirà così un universo sconosciuto, nel senso letterale del termine, in cui la sua unica bussola sarà la Guida Galattica per gli Autostoppisti.

mercoledì 20 gennaio 2016

Il libro delle illusioni di Paul Auster


Citazione: "Se voglio salvarmi la vita, devo arrivare ad un passo dal distruggerla"

Trama: Professore universitario e critico di prestigio, David Zimmer trascorre le sue giornate in uno stato di semicoscienza alcolica davanti alla tv da quando ha perso moglie e figli in un incidente aereo. Ma una sera un vecchio film comico del cinema muto lo scuote dal torpore: il regista del film, Hector Mann, è scomparso nel 1929 all'apice della sua carriera. Affascinato, Zimmer decide di ricostruire la vicenda e, dopo accurate documentazioni, pubblica un libro sull'argomento. Ma, a un anno dalla pubblicazione, una lettera spedita da una cittadina del New Mexico arriva a confondere tutte le sue conclusioni: è firmata dalla moglie di Mann e dice che il regista sarebbe lieto di incontrare il suo biografo

Recensione da IBS:  Che fine ha fatto Hector Mann? Protagonista di una breve e folgorante carriera nella Hollywood degli anni Venti, l'attore è scomparso nel nulla. Le sue comiche mute fanno ormai parte della storia del cinema, accanto a quelle di Charlie Chaplin, Buster Keaton e Harold Lloyd. Ma cosa lo ha spinto, o costretto, a fuggire da un brillante futuro in un giorno di gennaio del 1929?Quando David Zimmer vede per la prima volta un film di Hector Mann, ritrova il sorriso che aveva perduto da molti mesi. Sua moglie e i suoi due figli sono morti in un incidente aereo e lui è schiacciato dal dolore. Scrivere un libro sul geniale comico scomparso diventa un modo per sopravvivere.
Ma, alla pubblicazione del saggio, Zimmer riceve una lettera da Terra del Sueño, New Mexico, e qualche tempo dopo una donna misteriosa viene a stanarlo dalla sua solitudine, raccontandogli l'incredibile storia della vita di Hector Mann. Intrecci sentimentali, omicidi, fughe e vagabondaggi, e infine un progetto grandioso e folle: una sfida al nulla messa in scena nello scarno paesaggio del deserto americano, e destinata a cancellarsi da sola.
In un gioco drammatico di echi e rispecchiamenti, Zimmer svela la vita segreta di Mann e Mann, indirettamente, gli restituisce la voglia di vivere e di amare. Qui Paul Auster tocca il cuore dell'esperienza artistica, la sua fragilità e la sua forza: perché e per chi esiste un'opera d'arte. Ovvero, come l'arte può dare, e togliere, la vita.


Il confronto:

Ornella: il libro è complesso ma ben costruito, anche se spesso inaspettatamente il racconto cambia direzione. E' affascinante potere, come il protagonista, cambiare posto nel mondo, non aver nessun legame e ricominciare una nuova vita. Gli anni del cinema muto, descritti nel libro, sono comunque appassionanti.

Maddalena: la prima e ultima parte mi sono piaciute. A metà l'ho trovato un po' noioso.

Roberta : Mi è piaciuto molto. Tratta della vita e di tutti i suoi aspetti: l'amore, la fantasia, l'arte, l'amicizia. Le descrizioni ti danno la sensazione di essere al cinema: è uno specchio di immagini dove tutte le storie si intrecciano. Sono molto invidiosa di chi ha uno spirito creativo e lascia in ricordo ai posteri qualcosa di se. La conclusione mi ha fatto riflettere molto su cosa voglio io domani.

Luciano: Hector è un grande attore ed è in grado di adeguarsi alla vita. E' un essere camaleontico. Con Brigid che, essendo innamorato di Sylvia Meers , ha abbandonato senza molte preoccupazioni, si è comportato molto male, ma in seguito, dopo la morte di lei, ha tentato di riscattarsi con la sorella Nora, aiutandola nel negozio del padre e standole vicino.
Mi ha colpito il momento in cui David, il protagonista, guardando una scenetta del film di Hector sorride e dimentica per un momento la sua disgrazia. In quegli istanti avverte una scossa, rinasce e si da ancora una possibilità di vita. Anche con Alma sente di avere un'occasione per ricominciare.
Alma è una figura interessante anche per la caratteristica voglia in viso, che potrebbe rappresentare metaforicamente uno sdoppiamento di personalità. E' una figlia di artisti, nata e cresciuta nel microcosmo del ranch di Hector e Frieda in New Messico. Ha respirato l'atmosfera del cinema muto e per Hector è quasi una figlia. Per questo le concede di scrivere la sua biografia e di mettersi alla ricerca di David.  Nella pellicola che, dopo la morte di Hector, Alma riesce a visionare con David, prima della definitiva distruzione, rivede la madre da giovane, che recitava nel cinema muto, ma non sembra disperarsi per l'imminente perdita di tutte quelle opere. Gli attori di questi film dovevano avere qualcosa in più di quelli dei giorni nostri: la facilità e l'intensità espressiva.
Tutti i personaggi del romanzo in un modo o nell'altro sono alla ricerca di se stessi: a volte si rinnegano, si trasformano poi si ritrovano ancora: è l'illusione del mondo.
In alcuni momenti ti chiedi se la storia stessa non sia un'illusione. Zimmer scopre a proprie spese che l'arte può dare e togliere la vita.

Gabriella: Hector tocca il fondo di se stesso nel momento i cui accetta per soldi di  fare l'attore pornografico insieme alla prostituta conosciuta per caso. Ma in ogni sua vita, delle molteplici che ha vissuto, si trova poi a fare i conti con la morte e con una nuova rinascita.

Maura: Il libro è pervaso dal senso di colpa. Hector è stato costretto dalle circostanze a cambiare vita più volte. Frieda, l'ultima sua donna, aveva costruito intorno ad Hector ed al suo segreto tutta la propria vita. Per una questione di coerenza lei lo preferiva ignorato dal mondo piuttosto che si scoprisse la sua colpa: la sua complicità nella sottrazione del cadavere Brigid, uccisa, pur senza premeditazione, dalla sua innamorata e sposa desiderata Sylvia Meers.
E' un bel libro ma mi aspettavo qualcosa di diverso avendo letto Trilogia di N.Y.

Cristina: tutto il romanzo è una riflessione sul senso della vita e della morte. Paul Auster ha scritto questo libro in concomitanza con la morte del padre e la separazione dalla prima moglie. Pertanto l'esplorazione di queste tematiche è stata quasi una necessità, per capire se stesso, le proprie radici e la propria vita.
Tali necessità lo accomunano a David Zimmer, a Hector Mann e a Chateaubruiant, che hanno voluto parlare delle proprie vicende solo dopo morti. L'intenzione non è quella di produrre un romanzo realistico ma di rendere, anche con lo stile introspettivo del narratore, il senso dell'illusione. I personaggi in continua trasformazione vivono sul confine tra la pazzia e l'annullamento che li allontana dalla realtà, rendendola sempre più illusoria.

Gianni : molto significativa la frase di Chateaubriand: ”L'uomo non ha una sola e identica vita, ne ha molte giustapposte, ed è la sua miseria”. Il libro non mi è piaciuto, noioso, tirato per i capelli.
Nonostante ciò ho trovato interessante la parte riguante la struttura dei film muti. I registi avevano inventato una sintassi dell'occhio e una grammatica della cinesi pura. Il loro era un pensiero tradotto in azione.
Il libro esprime bene i concetti contenuti nella frase di Chateaubriand: “Tutti i miei giorni sono degli addii, si muore ad ogni momento per un tempo, una cosa, una persona che non si rivedrà mai più”.Gli spunti del libro sono interessanti. Ho disprezzato molto David, quando da ubriaco alla festa, ha avuto una reazione esageratamente aggressiva e non giustificata neppure dalla sua condizione. 

Patrizia: anch'io l'ho trovato noioso. La storia non mi ha colpito. Mi è piaciuto il momento in cui David, depresso e disperato a seguito della tragica morte di moglie e figli, guardando una scenetta del film di Hector si ritrova suo malgrado a sorridere. Infatti come dice l'autore è proprio vero che: “La vita è una morte a ripetizione ma può cambiare anche in meglio”. Mi ha stupito l'esigenza di Hector distruggere le proprie opere che per un artista è un controsenso.
La figura di Frieda è molto enigmatica. David, ripensando a come si sono svolti i fatti nel ranch di Hector, prima e dopo la morte di quest'ultimo, comprende che Frieda potrebbe aver accellerato la morte del marito per impedirgli di cambiare idea circa la distruzione dei suoi film e che Alma, avendo avuto accesso agli stessi per scrivere la biografia, potrebbe averli messi in salvo.

Fiore: mi piace la forma letteraria, è un libro interessante.

Marco: il destino è quello che è. David si sente in colpa perchè aveva insistito per portare moglie e figli in aeroporto a prendere un aereo che avrebbe dovuto essere più sicuro e che poi è precipitato. Aveva cercato di fare la cosa migliore ma poi il destino ci ha messo lo zampino. Il libro mi è piaciuto tutto anche la fine.