"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

venerdì 8 novembre 2013

Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse

Ci siamo incontrati
Martedì 26 novembre 2013 
 alle ore 20,30  

nella sede della biblioteca 
per confrontarci  sulla lettura di

Narciso e Boccadoro


Trama (da IBS): Nel  Medioevo leggendario del cattolicesimo monastico si snoda la storia dell'amicizia fra il dotto e ascetico Narciso, destinato a una brillante carriera religiosa al riparo dalle insidie del mondo e della storia, e Boccadoro, l'artista geniale e vagabondo, tentato dall'infinita ricchezza della vita e segretamente innamorato anche della sua caducità. Ripercorrendo una delle epoche storiche che più gli sono congeniali, Hermann Hesse riflette sul tema, centrale nella sua poetica, del contrasto fra natura e spirito, fra eros e logos, fra arte e ascesi, alla ricerca di una loro possibile integrazione. "Narciso e Boccadoro" pone così al lettore - in un'accattivante, limpida fusione di favola simbolica e romanzo picaresco - i grandi, inquietanti interrogativi sulla condizione dell'uomo contemporaneo.

giovedì 3 ottobre 2013

L'Agnese va a morire di Renata Viganò


Ci siamo incontrati
Martedì 29 ottobre 2013
alle ore 20,30 


nella sede della biblioteca

 per confrontarci
sulla lettura di

"L'Agnese va a morire"

 di Renata Viganò

«L' Agnese va a morire è una delle opere letterarie piú limpide e convincenti che siano uscite dall'esperienza storica e umana della Resistenza. Un documento prezioso per far capire che cosa è stata la Resistenza [...].
Piú esamino la struttura letteraria di questo romanzo e piú la trovo straordinaria. Tutto è sorretto e animato da un'unica volontà, da un'unica presenza, da un unico personaggio [...]. Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio, la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre piú grande, titanica di questa donna. Come se tedeschi e alleati fossero presenze sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compisse invece all'interno di Agnese, come se lei sola potesse sobbarcarsi il peso, anzi la fatica della guerra [...]».

Sebastiano Vassalli


giovedì 12 settembre 2013

E la chiamano estate...2013

Ci siamo incontrati 
Martedì 24 settembre 2013 
alle ore 20.30

nella sede della biblioteca

per confrontarci
sulle letture estive individuali e programmare l'attività dei prossimi mesi.


martedì 18 giugno 2013

Il grande sonno di Raymond Chandler

Ci siamo incontrati
Martedì 18 giugno 2013
alle ore 20,30
nella sede della biblioteca comunale
per confrontarci sulla lettura de 
Il grande sonno 

di Raymond Chandler Edizioni Feltrinelli



Trama (da wikipedia): L'investigatore privato Philip Marlowe viene chiamato presso la villa dell'anziano e paraplegico generale Sternwood, la cui immensa ricchezza proviene da alcuni campi petroliferi situati nei dintorni di Los Angeles ed ormai esauriti. Il generale richiede a Marlowe di condurre delle indagini su un biglietto ricattatorio inviato da un certo Arthur Gwynn Geiger, titolare di una libreria specializzata in volumi antichi e rari.
Nel biglietto si fa riferimento ad una cambiale consegnata a Geiger da Carmen, la figlia minore del generale. Discutendo con Sternwood, Marlowe apprende anche che Terence "Rusty" Regan, marito della figlia maggiore Vivian, è scomparso da circa un mese senza che di lui si sappia alcuna notizia. L'investigatore accetta l'incarico e prima di lasciare la villa ha l'occasione anche di conversare con Vivian, desiderosa di conoscere il reale motivo della visita di Marlowe al padre.
Marlowe inizia le indagini sulla libreria, scoprendo subito che i libri rari sono solo un'attività di facciata che copre un traffico di materiale pornografico. Il detective segue Geiger e rimane in attesa all'esterno della casa: dopo un po' l'uomo riceve una donna e più tardi si sentono dei colpi di arma da fuoco e delle urla. Marlowe irrompe in casa e trova, all'interno di una stanza arredata in modo vistoso, il cadavere di Geiger accanto ad un apparecchio fotografico nascosto in un totem. Nella stanza del delitto si trova anche Carmen Sternwood, nuda e visibilmente sotto l'effetto di droghe.
Nei giorni seguenti avvengono altri delitti: viene trovato morto dentro un'automobile finita in mare l'autista degli Sternwood ed anche Joe Brody, l'ex amante di Carmen che voleva continuare i traffici di Geiger, viene ucciso in casa.
L'idea che si fa strada nella mente di Marlowe è che la catena di delitti sia legata in qualche modo alla scomparsa di Rusty Regan ed ai traffici illegali di Eddie Mars, il proprietario del casinò dove Vivian sperpera il denaro di famiglia.

venerdì 10 maggio 2013

Incontro con Fulvio Ervas


Ci siamo incontrati
Martedì 14 maggio alle ore 20,30
nella sede della biblioteca 
per confrontarci sulle letture dei libri 
di Fulvio Ervas 
e preparare eventuali interventi per l'incontro con l'autore stesso previsto nell'ambito della rassegna "Un libro per piacere"
per Sabato 18 maggio alle ore 21, 
nell'auditorium G. Gaber.
 






  

 


martedì 26 marzo 2013

L'amore fatale di Ian McEwan

Trama (da IBS): 
Un pallone aerostatico plana su un prato verdissimo tra Oxford e Londra. Un uomo anziano cerca di scenderne, ma rimane goffamente impigliato in una fune. Dai quattro angoli del prato corrono verso il pallone imbizzarrito alcuni soccorritori che tenteranno senza successo di trattenerlo. Uno di loro morirà e agli altri resterà il compito impossibile di farsi una ragione di quella tragedia inutile. In particolare, Joe Rose si troverà invischiato in una storia di ossessione amorosa assurda e grottesca, perseguitato da un altro dei soccorritori, Jed Parry, un giovane che, avendo vissuto insieme a lui quell'avventura terribile, si è convinto di doverlo amare e di doverne essere riamato.

La recensione de L'Indice
Recensione de L'indice

recensione di Rognoni, F., L'Indice 1997, n.11

Benché l'amore di cui tratta quest'ultimo romanzo di Ian McEwan sia anche senza dubbio "fatale", il titolo originale, "Enduring Love", porta in tutt'altra direzione. Quella di un sentimento possente ma nient'affatto distruttivo, paziente, che resiste ("endures") al tempo e a ogni tribolazione; e con connotazioni semmai bibliche (Giobbe), piuttosto che elleniche (il fato), quindi romantiche, decadenti, e infine smaccatamente cinematografiche (come in "Attrazione fatale" e nel più opaco "Passione fatale").
Ciò detto (e precisato anche che una traduzione letterale, e altrettanto efficace, probabilmente è impossibile), mi sembra che lo schietto titolo italiano funzioni comunque benissimo: anzi, forse sia addirittura più appropriato del titolo originale, che certo è più bello e ambizioso. Ma anche, temo, assai pretenzioso: troppo impegnativo - ironico e al tempo stesso profondamente "morale" - per una vicenda che vivacchia del proprio intreccio, e tutto il resto che tira in ballo (ed è moltissimo: da Milton e Keats al neodarwinismo, da Lewis Carroll alla nevrosi delle coppie senza figli, al triste e comico tramonto della cultura hippy, ecc.) è soprattutto zavorra.
Appunto quella (la zavorra) che manca al pallone aerostatico della smagliante, e decisamente "fatale", scena iniziale. Cinque uomini vi si aggrappano per trattenerlo a terra, e salvare il ragazzino intrappolato dentro: ma il vento è troppo forte, il pallone si solleva e, uno dopo l'altro, i soccorritori sono costretti a mollare la presa - tutti tranne l'eroico (?) John Logan, che resiste inutilmente finché non è troppo tardi, e in pochi secondo appare come "un rigido bastoncino nero" contro il cielo. "Non ho mai visto una cosa più atroce di quell'uomo che precipitava", commenta Joe Rose, le cui disgrazie sono ancora tutte da cominciare.
E infatti, da qui in poi la storia è quella dell'amore assoluto che Jed Parry, un altro dei soccorritori superstiti, fanatico religioso e visibilmente folle (la diagnosi finale sarà di un'astrusa "sindrome di de Clérambault"), si convince di "ricambiare" per il detto Joe Rose. Il quale, poveraccio, che non è più "gay" di tanti eterosessuali felicemente sposati (cioè forse un filino, e molto molto latentemente), di punto in bianco si ritrova perseguitato da un innamorato tanto dolce quanto implacabile: che lo chiama a notte fonda, gli si piazza davanti a casa, lo sommerge di lettere appassionate di pagine e pagine (e dire che Clarissa, la bella moglie di Joe, studiosa di poesia romantica, darebbe l'anima per scoprire una letterina inedita di Keats all'amata Fanny Branwe...!). Ma Jed è anche astuto e fortunato, e riesce a "isolare" Joe, cioè a sconvolgergli l'esistenza senza che gli altri abbiano il tempo di simpatizzare con lui: la stessa Clarissa, esasperata dalle ossessioni del marito, fa le valige e si trasferisce a casa del fratello (anche lui fresco di separazione), mentre la polizia non ha i motivi né la volontà di intervenire, e si limita a consigliare del Prozac (a Rose, non al matto!). Così che al pacifico Joe non resta che procurarsi una pistola... e meno male che avrà il coraggio di usarla, altrimenti il frangente si sarebbe risolto con molto più sangue di quello che sarà effettivamente versato.
Ci sono almeno altri due colpi di scena dopo la sparatoria (che è dove le storie di "attrazioni fatali" di solito si concludono al cinema), e il romanzo si guadagna un suo sobrio "happy end" per tutti (Jed incluso), l'amore che dura, che resiste, trionfando su quello "fatale" e distruttivo: anche se l'implicazione - a questo punto inevitabile - è che, in amore, fra patologia e normalità, follia e salute, non c'è nessuna vera soluzione di continuità. Così che se, ora della fine, il sacrificio di John Logan (l'uomo che era restato attaccato al pallone) acquista un significato luminoso, anche il delirio di Jed - il terribile solipsismo di quel suo riflessivo "bisogno di abbracciar"mi"" - appare autenticamente liberatorio. E non solo: quasi la "condizione" dei veri abbracci - gli abbracci "a due" (o "a tre" ecc., se dalla coppia si passa alla famiglia) - della gente normale.
È possibile che io sia ingeneroso con questo romanzo di uno scrittore che m'ha sempre interessato, e al quale sono convinto che si debbano alcune delle pagine più belle della letteratura inglese contemporanea, e almeno un piccolo capolavoro ("Il giardino di cemento", Einaudi, 1980, ed. orig. 1978). Ma nell'"Amore fatale" riesco a trovare solo quello che nella scrittura di McEwan mi irrita: la macchinosità, il congegno "troppo" perfettamente oliato, e il compiacimento di chi lo fa funzionare. Tutto mi sembra costruito a tavolino, "voluto", e la ricerca d'ogni singolo effetto e dell'effetto globale è così preoccupata che, inevitabilmente, appare sempre in filigrana; anzi spesso cancella l'immagine rappresentata, come per un eccesso di visibilità - a differenza di "Lettera a Berlino" (Einaudi, 1990, ed. orig. 1989)," L'amore fatale" probabilmente ci guadagnerà sullo schermo. Per non dire dell'opposizione schematica di freddo razionalismo (Joe è un divulgatore scientifico) e primato dell'emozione e della fantasia (Clarissa, l'esperta di Keats), e del suo prevedibile capovolgimento: ma uno stereotipo rovesciato non cambia natura, solo resta a gambe all'aria...!
Sembra che Keats abbia affermato che Newton aveva distrutto la poesia dell'arcobaleno "riducendolo a un prisma colorato"; e qui Joe ha buon gioco a smentirlo dimostrandoci quanto possa essere "poetica" la descrizione "scientifica" di un fiume come un immenso scivolo sinuoso, su cui si rovesciano miliardi e miliardi di luccicanti H2O (p. 257). Ma Keats diceva anche di odiare "la poesia che ha un disegno palpabile su di noi - e se non siamo d'accordo sembra mettersi le mani nella tasca dei calzoni" (lettera a John Reynolds del 18 febbraio 1818), ed è per questa ragione, non perché riscatta la visionarietà della scienza, che - sospetto - "L'amore fatale" non sarebbe piaciuto neppure all'autore della "Belle dame sans merci".

Il confronto
L: Il libro non mi è piaciuto molto e non mi sono sentiva molto coinvolta dalla storia. Il protagonista maschile, Joe Rose, è un po’ paranoico, mentre l’uomo di lui follemente innamorato, Jed Parry, è uno squilibrato. Non sono riuscita a comprendere le numerose descrizioni sull’amore in cui l’amore individuale viene paragonato all’amore divino. Dal titolo mi sarei aspettata un amore unico, folle: una passione alla Romeo e Giulietta.
L: McEwan doveva fare il fisico e non lo scrittore: a mio giudizio, non ha un gran talento per la scrittura. Tutta la vicenda ruota attorno al tentativo di un pazzo di convertire Joe all’amore per Cristo. Non è un’attrazione fisica, un amore omosessuale, ma un tentativo malsano di condurre una persona verso l’amore trascendente della fede.
P: Questo libro mi è piaciuto molto per la sua originalità. Mi sono appassionata alla dinamica del rapporto sentimentale di Clarissa e Joe, una passione forte messa a rischio e spezzata dalla perversione di Jed. Clarissa è una donna molto moderna che sa prendere i suoi spazi, mostrando carattere e determinazione. Mi è piaciuto il modo in cui è scritto questo romanzo: molte pagine, infatti, mi hanno incantata, in particolare quelle in cui viene descritta la casa della vedova. Il tema costante è l’incomunicabilità fra le persone: descrive molto bene, infatti, la fatica di comprendere l’altro e di gestire un rapporto di coppia minato da una terza persona. Clarissa, ad un certo punto, lo crede pazzo e pensa che Joe sia vittima delle proprie ossessioni.
M: il libro mi è piaciuto molto, tanto che è stato uno stimolo per leggere altri suoi romanzi. Mc Ewan scrive divinamente, con una precisione calibrata e attenta ai dettagli, si percepisce una solida conoscenza letteraria alle spalle. L’amore tradizionale è messo a confronto con l’amore patologico: Jae attua un’implacabile persecuzione amorosa, finendo nel fanatico- religioso. Quest’uomo è affetto da un raro disturbo mentale, la "sindrome di de Clérambault", che lo porta a credersi ricambiato nonostante tutte le evidenze. Il tema affrontato dall’autore è molto moderno. Infatti, anche nella nostra società si assiste a passioni perverse che portano a fini violente.
M: mi è piaciuto molto. L’incontro iniziale tra i due uomini non è banale, ma racchiude una complessità svelata progressivamente dalla lettura: l’episodio della mongolfiera, con le sue conseguenze tragiche, è galeotto d’amore. E’ incredibile notare l’indifferenza della gente. Infatti, quando entrano due persone mascherate nel ristorante nessuno reagisce e prende posizione.
G: l’inizio mi è piaciuto e, nel complesso, il libro mi ha coinvolto molto. Non mi sono appassionata al personaggio di Clarissa perché non ha sostenuto il compagno, credendolo un pazzo visionario. Lei era attenta ad altro, voleva fare carriera, crescere culturalmente. Il rapporto con Joe sembra essere solo un riempitivo. Le autorità e la polizia sono descritte come entità inefficienti e menefreghiste: se non ci scappa il morto nessuno si interessa.
C: Clarissa forse aveva percepito qualcosa di ambiguo nel suo compagno. L’autore crea una spaccatura tra amore sano e amore malato. Speso l’innamoramento ti spinge a fare gesti che non sono ragionevoli, ma quando sfociano nella violenza l’amore diviene patologia.
M: Parry, secondo me, è un omosessuale. Il fatto che si appigli alla religione rappresenta soltanto un palliativo, una giustificazione per dare un senso al suo amore.

martedì 26 febbraio 2013

La variante di Luneburg di Paolo Maurensig

La variante di Lüneburg
Trama(da IBS): Un colpo di pistola chiude la vita di un ricco imprenditore tedesco. È un incidente? Un suicidio? Un omicidio? L'esecuzione di una sentenza? E per quale colpa? La risposta vera è un'altra: è una mossa di scacchi. Dietro quel gesto si spalanca un inferno che ha la forma di una scacchiera. Risalendo indietro, mossa per mossa, troveremo due maestri del gioco, opposti in tutto e animati da un odio inesauribile che attraversano gli anni e i cataclismi politici pensando soprattutto ad affilare le proprie armi per sopraffarsi. Che uno dei due sia l'ebreo e l'altro sia stato un ufficiale nazista è solo uno dei vari corollari del teorema. 

Il confronto:

M: E’ un libro intenso ma triste, soprattutto nella parte finale dove si descrive il lager. Anche se ho visto molti documentari e film incentrati su questo fatto storico e sulle testimonianze di deportati, ogni volta che leggo e ripenso a queste atrocità, sono assalita da rabbia, ansia e tristezza.
L: il gioco degli scacchi rivela l’inferiorità psicologica del maestro Tabor, che nonostante fosse un abile giocatore si sentiva inadeguato perché ebreo. È molto interessante notare come i protagonisti iniziano a giocare da bambini: gli scacchi diventano parte integrante della loro vita, tanto da non riuscire più a distinguere tra partita e realtà.
M: la storia è un po’ macchinosa. Il libro inizia come un giallo, presentando tanti avvenimenti che si incastrano sapientemente tra di loro: dalla storia di Hans raccontata in prima persona a quella di Tabor, dominato dal desiderio di vendetta. Anche se la struttura dell’opera non mi ha molto convinto, il libro mi è piaciuto.
A: è un libro molto bello, di facile lettura ma difficile da discutere perché ricco di pathos e di avvenimenti strazianti. Ci sono delle scene che mi sono rimaste impresse, come quella della partita a scacchi in cui il ragazzo ebreo viene boicottato, vittima innocente del conflitto fra ebrei ed ariani.
P: molto bello, composto con arte e maestria: è un libro che fa riflettere. Mi sono rimaste impresse molte scene, come ad esempio la completa banalizzazione della vita dell’uomo, di cui l’esito di una partita a scacchi poteva decretarne la fine. Il suicidio finale del protagonista, secondo me, è dovuto non al pentimento ma alla paura di essere scoperto. Si percepisce chiaramente una forte componente autobiografica, in quanto soltanto un uomo esperto di scacchi poteva descrivere con così grande perizia ogni particolarità di questo gioco.
E: il libro mi è piaciuto molto, soprattutto per la forte penetrazione psicologica nei caratteri dei personaggi. La variante di Luneburg è un libro incentrato su una partita di scacchi. Il racconto inizia con la morte di Dieter Frisch, un famoso uomo d’affari, ucciso da un colpo di arma da fuoco. L’unico indizio sulla sua morte è una scacchiera di pezze accompagnata da bottoni-pedine con sopra raffigurati i simboli del gioco. La settimana prima di morire Frisch sembrava più agitato e nervoso, tralasciando quella metodicità che da sempre lo contraddistingueva. L’autore svela quello che è successo al protagonista ritornando alla settimana prima della sua morte.
C: Nessuno si è realmente salvato dalle atrocità dei campi di concentramento: anche i sopravvissuti sono in realtà morti dentro, hanno perso la loro essenza, il loro essere uomini e persone con una propria individualità.
R: Maurensig è uno scrittore di spessore: da lui mi sarei aspettato qualcosa di meglio. In alcuni punti si percepisce una scrittura trattenuta, sapientemente calibrata e limata, quasi per rendere la lettura più piacevole. I nazisti vengono ritratti come esseri divini, che tengono in pugno il destino degli internati, hanno il potere di dare vita e morte.
M: Una leggenda racconta che il gioco degli scacchi sia legato a una maledizione: chi ne è troppo coinvolto rischia di perdere la ragione e la vita. Quello che all’inizio sembrava essere un giallo e archiviato come un semplice incidente, è in realtà connesso alla maledizione del gioco che ha legato per la vita i due protagonisti. Fin da adolescenti, i loro padri li avviano al gioco degli scacchi, intravedendo in loro potenziali campioni mondiali. Frish è un personaggio di carattere aggressivo, che vede nel rivale un nemico non solo un avversario di gioco: questa contrapposizione è enfatizzata dal fatto che Frish è un ariano mentre Tabor un ebreo. Il destino li fa incontrare nel campo di concentramento dove Tabor è prigioniero e Frish l’ufficiale che lo costringerà a giocare agli scacchi mettendo in palio la vita dei prigionieri. Finita la guerra le loro strade si dividono pur restando sempre legate agli scacchi.

martedì 29 gennaio 2013

Il coraggio del pettirosso di Maurizio Maggiani



Trama (da Feltrinelli editore): . Maurizio Maggiani, che si è rivelato uno dei più autentici 'raccontatori' di storie della narrativa contemporanea, fa muovere il suo protagonista, Saverio, in uno scenario dove la Storia incrocia la memoria e apre verso l'utopia. Dall'immobilità della malattia ( e del malessere) che lo inchioda al letto, Saverio, riafferra il filo perduto della sua esistenza e dei suoi progenitori, e riaggomitola eventi che da Alessandria d'Egitto (città di esuli, di anarchici, di sognatori) lo portano indietro ai fantasmi che allacciano poesia e anarchia. Ma non basta: l'impresa di Saverio impone un ulteriore scarto temporale e lo sbalzare irresistibile sulla pagina di memorie che riaccendono i roghi contro gli eretici nella Lunigiana ribelle del Cinquecento e la violenza dell'imperialismo romano contro il popolo degli Apui. Romanzo di romanzi, saga, cantare, "Il coraggio del pettirosso" è l'omaggio solenne e dolcissimo alla parola dei padri quando tornano ad abbracciarsi, al silenzio dei popoli quando tornano a raccontarsi dentro di noi.

Citazione "Quello del pettirosso è un coraggio umile e testardo come il coraggio di chi dall'incendio della Storia si leva leggero col suo sogno di libertà intatto"

Il confronto
M: Saverio, il protagonista del libro, cerca di dare senso alla propria esistenza intraprendendo un viaggio alla riscoperta delle origini. Dopo aver perso entrambi i genitori, si avventura nel deserto tra paesaggi mozzafiato e luoghi meravigliosi, descritti con minuzia di particolari. La sua casa diviene la natura, trascorre le notti cullato dal cielo e riscaldato dalle stelle. La sua vita è attraversata da brividi di libertà che gli ricordano i racconti del padre, un anarchico libertario. Il desiderio di comprendere le proprie origini nasce dalla scoperta di un libro di poesie di Ungaretti custodito dal padre nel proprio comodino. Da qui si generano gli interrogativi e le domande cui non riesce a dare risposta: come poteva un anarchico amare un autore implicato con il fascismo? Tutto si nasconde nella forza evocativa di quei versi meravigliosi.
In Italia, Saverio incontrerà misteriosamente Giuseppe Ungaretti, che gli consegnerà un antico foglio manoscritto riguardante Pascal, un eretico messo al rogo a Carlomagno.
Il libro è composto da storie un sapiente incastro di storie, che si svolgono in epoche diverse ma che si riconducono tutte al misterioso Pascal.

M: dopo la stasi iniziale, il libro ha iniziato a coinvolgermi e ad appassionarmi. È come se venissero convogliate in un unico romanzo tante storie diverse, legate da un filo conduttore.
A: il libro contiene pagine di alta poesia, soprattutto nelle meravigliose descrizioni della natura e del deserto. Tra i tanti eventi e storie che si incastrano tra loro, rimangono in sospeso, senza una precisa risposta, alcuni elementi: mi chiedo, ad esempio, se il sentimento che lega Saverio a Fatiha sia vero amore o soltanto sesso.
Saverio è il personaggio principale del romanzo; dalle situazioni narrate emerge un individuo molto fragile che non ha la forza necessaria per sostenere il peso della vita. Mi piacerebbe rileggere nuovamente questo libro per comprendere appieno certi passaggi.

L: E’ importante rileggere questo libro: soltanto con una seconda lettura è possibile comprenderne i nessi più profondi, i passaggi più sottili e le problematiche che possono essere attualizzate nella vita di tutti i giorni. Il romanzo è madido di descrizioni meravigliose, in cui la natura assume una posizione di primo piano,
L: E’ fondamentale considerare l’origine dell’autore, che proviene da zone libertarie ed anarchiche. Credo che l’autore si dilunghi molto, ha un modo di scrivere complicato e prolisso. Ho trovato meravigliosi i capitoli in cui è descritto il paese Carlomagno.
C: Anche io ho dovuto rileggere questo libro per capire totalmente tutti i significati nascosti. È un testo estremamente complesso, che procede con ritmo lento a dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare dal titolo accattivante. L’autore propone la tematica dell’emigrante, che ricerca le proprie origini: Saverio è, infatti, uno sradicato, non si sente italiano ma nemmeno egiziano. Prevale un senso di inappartenenza, di estraneità a qualsiasi cultura e luogo. Molto interessante la figura femminile, Fatiha, una palestinese che accetta di diventare terrorista per identificarsi in qualcosa, per non essere del tutto sradicata. Mi ricorda molto Shirin, protagonista di Semina il vento di Perisinotto, in quanto anche in questo caso l’integralismo islamico e un atto di violenza terroristica rappresentano l’alternativa in cui ritrovare se stessi.
G: Pascal, secondo me, rappresenta il pettirosso: è colui che affronta la vita con la consapevolezza di cosa potrebbe accadergli.
M: è un romanzo molto poetico, sono rimasta affascinata dalle descrizioni della natura e della forte simbiosi di Saverio con gli elementi naturali. L’apertura mi ha ricordato La coscienza di Zeno. Il protagonista dichiara, infatti, la funzione terapeutica della scrittura, che diviene un potente mezzo di comprensione della realtà.
Il continuo intrecciarsi tra finzione e realtà determina lo smarrimento del lettore, che fatica a comprendere la poliedricità dei significati nascosti nelle pagine di Maggiani. L’autore affida ai libri di Ungaretti un ruolo fondamentale: il poeta è, infatti, colui che innesca in Saverio il desiderio di scoprire le proprie origini, di conoscere i segreti del padre che custodiva gelosamente i libri di un uomo politicamente tanto distante. Ungaretti è amato da tutti indipendentemente dal proprio orientamento politico, riesce a penetrare in ogni anima, affidandogli il suo messaggio. Il porto sepolto rappresenta il tentativo di Saverio di riscoprire se stesso e le proprio origini.

P: Non è un libro che ho interiorizzato, non sono riuscita a sentirmi coinvolta, mi è rimasta una certa amarezza per non aver compreso totalmente certi passaggi. È un romanzo complesso, faticoso, in cui si mescola finzione e realtà, e si intrecciano stili di scrittura completamente diversi.
C: Mi è piaciuta molto la descrizione della natura e delle bellezze floreali del deserto.
E: ho faticato a leggere questo libro, in quanto alcuni punti mi annoiavano. Penso che Saverio sia una persona comune, che cerchi di darsi un’origine, di trovare qualcosa in cui identificarsi. Ha il coraggio di prendere decisioni e di fare cambiamenti. Mi ha ricordato Shirin del libro "Semina il vento" che è costantemente alla ricerca delle proprie radici.